Militari ed ex soldati del Regno Unito hanno una probabilità di commettere un “reato violento” tre volte superiore a quella dei coetanei civili. È il risultato di uno studio condotto dal King’s College di Londra e pubblicato sulla rivista scientifica Lancet. La ricerca si basa sull’analisi incrociata fra le storie di vita di 14mila militari, interviste agli stessi, l’archivio nazionale delle forze di polizia e il database dell’esercito. Così, ad esempio, si viene a scoprire che dei 2.700 militari con meno di 30 anni indagati, il 20,6% è stato denunciato o condannato per reati che vanno dall’aggressione fino all’omicidio, contro una media che nella popolazione civile della stessa età è del 6,7%. Ma c’è di più: chi ha servito nell’esercito in Iraq e Afghanistan, fronti “caldi”, ha il 53% in più di probabilità di finire sotto accusa per atti violenti rispetto alla stessa media dei militari, mentre per chi ha combattuto in prima linea la percentuale aumenta fino a sfiorare l’80.

Sotto accusa principalmente il disordine da stress post-traumatico (PTSD), ma, fanno notare gli autori della ricerca, una buona parte di questi militari poi denunciati o condannati aveva già commesso un reato prima di entrare nell’esercito. “Le forze armate sono solite reclutare fra la popolazione più svantaggiata e problematica”, fa notare la ricerca, “quindi il dato è un po’ falsato da questo elemento”. Ma va anche detto, aggiunge lo studio, che “non tutti gli ex militari con stress post-traumatico sono dei potenziali criminali. Anzi, fra chi è più anziano si rileva una minore probabilità di commettere un reato”. Intanto, quest’anno, il ministero della Difesa britannico spenderà 7 milioni di sterline per un programma di sensibilizzazione rivolto agli uomini e alle donne dell’esercito, un piano per spingere chiunque si senta vittima di stress a farsi ascoltare da uno psicologo o da uno psichiatra. Il ministero già collabora con l’NHS, il servizio sanitario nazionale, e la partnership è destinata, quest’anno, a rafforzarsi.

È destinato a far discutere, tuttavia, il legame fra crimine e basso livello sociale. Il dottor Deirdre MacManus, che ha guidato lo studio, ha precisato: “La nostra ricerca ha rilevato che chi ha servito nei ranghi più inferiori dell’esercito è maggiormente destinato a commettere reati ed è fortemente associato a una vita criminale che precede l’arruolamento”. Tuttavia, dai ricercatori arriva anche un avviso: “Per noi è impossibile capire chi sia destinato a compiere un crimine, in questo caso nessun modello predittivo può funzionare. Per ogni giusta previsione, cinque sono sbagliate”. Però, dallo studio, arriva la possibilità di monitorare in modo migliore il comportamento dei veterani di guerra. In particolare, dicono gli studiosi, il mix di alcolismo, precedenti criminali, esperienze di guerra e di combattimento in prima linea, tutto questo consente di dare una spiegazione a certi reati commessi dagli ex militari. “Dobbiamo far superare la stigmatizzazione dell’aiuto psichiatrico, nessuno deve aver paura di chiedere un supporto”, dice ora Combat Stress, un’associazione di volontariato che si occupa di ex militari vittime di ansie, paure e attacchi di panico.

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