Vendono i loro software di cyber-monitoraggio della rete a regimi dittatoriali che li utilizzano per dare la caccia ai giornalisti scomodi, stanare i blogger non allineati e reprimere i diritti fondamentali. Sono 5 aziende occidentali. Reporter Senza Frontiere le definisce “mercenari dell’era digitale” e le cita nel rapporto pubblicato il 12 marzo in occasione della Giornata Mondiale contro la Cyber-censura, insieme ai 5 “Stati nemici di internet”: Bahrein, Siria, Cina, Iran e Vietnam. Tra le aziende ce n’è anche una italiana, la Hacking Team di Milano. Mettono su un mercato da 5 miliardi di dollari due tipi di tecnologie: software in grado di monitorare la rete su larga scala e spyware capaci di sorvegliare singoli computer.

“I loro prodotti – si legge nel rapporto – vengono usati per commettere violazioni dei diritti umani e della libertà di informazione“. “Il mio pc era stato arrestato prima che lo fossi io”, raccontava il 15 novembre 2012 Karim Taymour, attivista siriano, ad un giornalista di Bloomberg. Durante l’interrogatorio, gli uomini di Assad gli avevano mostrato oltre mille pagine in cui erano riportate le sue chat su Skype e migliaia di altri file scaricati da remoto da un programma che aveva scandagliato il suo pc fin nell’ultimo, remoto andito dell’hard disk. “I suoi torturatori – si legge nel rapporto, conoscevano la sua vita quanto lui, come se avessero vissuto con lui nella sua stanza”. Avevano usato software prodotti da aziende occidentali. Reporter Senza Frontiere ne ha individuate 5. C’è la francese Amesys, che prima della Primavera araba aveva venduto a Muammar Gheddafi il sistema “Eagle”, capace di intercettare posta elettronica, Facebook e chat: il regime lo utilizzava per spiare giornalisti, attivisti e oppositori politici. Dal maggio del 2012 Amesys è sotto inchiesta in Francia per “complicità in atti di tortura”.

Gamma Group è una company inglese: secondo un rapporto del 25 luglio 2012 dell’organizzazione Citizen Lab, i suoi trojan sono stati usati per spiare vari docenti universitari britannici. Il software è talmente avanzato da riuscire a prendere il controllo della webcam e del microfono, copiare i file dal disco rigido e scaricare messaggi istantanei e mail. Blue Coat è un’azienda nata e cresciuta nella Silicon Valley. I suoi software sono stati utilizzati da Cina, India, Iraq, Russia, Kenya, Indonesia, Bahrein (secondo una lista, molto più lunga, stilata da Citizen Lab) per monitorare i pc degli oppositori e bloccare la diffusione di dati e contenuti. Trovicor, ex Nokia Siemens Network, invece, è una ditta tedesca che ha fatto affari con una lunga serie di Stati, dal Nord Africa al Golfo Persico: i suoi “monitoring center” hanno aiutato le autorità di vari Paesi protagonisti della Primavera araba a spiare i dissidenti e conoscere i luoghi e gli orari scelti per le manifestazioni di piazza, in modo da reprimerle prima che avessero luogo.

Poi c’è la milanese Hacking Team. Il suo gioiello è il Remote Control System, venduto a circa 50 clienti in 30 paesi di 5 continenti”, spiegava lo scorso agosto a Slate Magazine David Vincenzetti, cofondatore della compagnia. RCS è un file Trojan in grado di spiare chat di Skype e scattare istantanee con la webcam. Può infettare un pc tramite “l’apertura di un file di testo o l’invio di un sms”, recita la brochure, e “può monitorare fino a centinaia di migliaia di target.” Nel dicembre 2011 un’inchiesta dell’Espresso basata su file pubblicati da Wikileaks definiva l’Rcs la “cyberbomba tricolore”. Nel 2012, secondo un’inchiesta di Slate.com, la tecnologia è stata utilizzata dalle autorità del Marocco per controllare i computer di Mamfakinch.com, citizen media project premiato nel luglio 2012 da Google e dall’organizzazione Global Voices per “la difesa e la promozione delle libertà di parola su internet”. Pochi giorni dopo il riconoscimento, scrive il magazine, i suoi giornalisti ricevettero una mail contenente il trojan progettato da Hacking Team. La politica arranca. Sia gli Usa che l’Ue si sono dotati di strumenti legislativi mirano ad evitare “l’uso maligno delle tecnologie”. Ad aprile 2012 Obama aveva firmato un ordine esecutivo per bloccare le proprietà delle aziende che vendono i loro prodotti a Iran e Siria. L’11 dicembre, poi, il Parlamento Europeo ha approvato il il report Digital Freedom Strategy, che invoca il “bando delle esportazioni di tecnologie repressive verso i regimi autoritari” e chiede alla Commissione Ue di “agire contro la criminalizzazione della libertà di espressione in Rete”. Ma la strada verso il rispetto dei diritti fondamentali sul web resta ancora lunga.

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