Per Maurizio Crozza, quanto a previsioni, “non ne azzecca mai una” Pierluigi Bersani. E il comico de La7 non ha tutti i torti. Quanto a capacità divinatorie il candidato premier del Pd è un incorreggibile ultimo della classe. Ne sanno qualcosa circa diecimila persone in quel di Argenta, provincia di Ferrara. Parliamo degli ex soci lavoratori e prestatori di quella che fu una delle maggiori aziende edilizie del settore in Italia. Nel 2003 sprofondò sotto un crac che portò con sé un buco di un miliardo e 70mila euro e la disperazione di migliaia di famiglie. La Coopcostruttori era quasi tutto per Ferrara e la sua provincia. “Mamma Coopcostruttori” la chiamavano. Una madre del ventre pingue fino al 2003, anno del fallimento. Da allora divenne quasi una Medea, che divorò i risparmi di intere generazioni.

I vertici di allora sono appena stati condannati dal tribunale di Ferrara a pene fino a quattro anni e mezzo per diversi reati, tra cui la bancarotta documentale. Secondo i giudici di primo grado le scritture contabili sono state tenute in modo irregolare e al fine di non consentire la ricostruzione del patrimonio e il movimento degli affari, allo scopo di recare danno ai creditori e ai soci. Stando al capo di imputazione, insomma, il presidente del cda Giovanni Donigaglia e il suo vice Ricci Maccarini avrebbero falsificato le scritture contabili della società.

Mai Bersani fu più infelice preveggente. Era il 19 febbraio del 2004 quando l’allora responsabile nazionale del settore economia per i Ds arrivò a Ferrara per difendere la Quercia e Legacoop dagli attacchi che giungevano da più parti di aver assecondato il de profundis della cooperativa. Niente di tutto ciò assicurò l’ex ministro dell’industria. Anzi, come riportò nell’occasione l’Agenzia Dire, “stiamo tentando la più colossale operazione di solidarietà della storia della cooperazione” pontificò. E, rivolto ai presenti tra i quali figuravano diversi soci lavoratori e detentori di Apc, assicurò che “il partito considera questa una emergenza da affrontare con la massima priorità”. Per sgombrare il campo da ogni sospetto Bersani non si risparmiò in paragoni: “Argenta come Parma? La mia risposta è no! Qui nessuno è fuggito con la cassa”. Poi, di fronte a chi rinfacciava alla direzione nazionale del partito di avere chiuso gli occhi davanti al dramma di diecimila soci, prestatori e lavoratori, Bersani poteva gonfiare il petto rivendicando  “l’attenzione al problema che invece è sempre stata data sin dal primo giorno” da parte dei vertici della Quercia.

“La parola d’ordine deve essere unità” concluse tra gli applausi. E oggi, infausto vaticinio, ancora una volta errato, i soci stanno ancora aspettando buona parte del prestito. Chi si era costituito parte civile nel processo, ha ottenuto una provvisionale per danni morali di duemila euro. Dopo nove anni. Dei tanti che allora credettero che il pronostico di questa Cassandra al contrario fosse azzeccato alcuni tentarono il suicidio. Altri non dovettero nemmeno fare il tentativo. Morirono per la disperazione, tanto che a Filo di Argenta, frazione dove sorse il primo nucleo di “mamma Coopcostruttori”, in quel 2003 ricorda che si contava quasi un funerale al giorno.

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