Ma è così difficile dire: cari amici anche noi di Repubblica talvolta sbagliamo e questa volta abbiamo sbagliato? Eugenio Scalfari oggi analizza il caos calmo del post elezioni e se la prende per l’ennesima volta con i due buffoni, Berlusconi e Grillo, e soprattutto con chi li ha votati. L’unica proposta di Scalfari alla richiesta di una scossa da parte del milione di elettori passato dal Pd a Grillo è la riconferma di Napolitano per il prossimo settennato fino all’età di 95 anni. Un po’ troppi per reggere l’Italia nel momento più difficile della sua storia repubblicana? Nessun problema spiega Scalfari: re Giorgio può sempre abdicare, in fondo lo ha fatto anche il Papa.

Nel lungo articolo di Eugenio Scalfari non c’è traccia di autocritica. Eppure Repubblica ha sostenuto per un anno la politica della triade composta da Giorgio Napolitano, Mario Monti e Pierluigi Bersani senza un tentennamento. Dal novembre del 2011 in poi chiunque osava chiedere il ritorno immediato alle urne era trattato come uno sfascista senza senso dello Stato. Repubblica e Scalfari hanno eretto decine di santini alla triade Napolitano-Monti-Bersani. Nell’ordine Giorgio Napolitano è stato appoggiato nella sua scelta di nominare prima senatore a vita e poi premier un professore già scelto da Berlusconi come commissario europeo. Mario Monti è stato appoggiato in tutte le sue manovre finanziarie e nei suoi annunci, spesso tramutati in fatti concreti nell’impaginazione e nella titolazione. Fino all’intervista beffa nella quale Mario Monti, il vecchio amico di Eugenio Scalfari giurava al fondatore, che usciva da Palazzo Chigi saltellando per la gioia, che mai si sarebbe candidato contro Bersani. Un giorno prima di annunciare la sua salita in campo.

Quanto a Bersani, Eugenio Scalfari lo ha sostenuto alle primarie con un endorsment esplicito. Oggi tutti scoprono che questo scialbo burocrate di partito, non ha un briciolo di carisma ed è il candidato perfetto per far vincere non solo Grillo ma anche Berlusconi. Come si può pensare che un ex comunista che ha debuttato giovanissimo come vicepresidente della comunità montana piacentina per poi salire tutti i gradini di una triste carriera tutta interna al mondo del Pci-Pds-Ds-Pd possa competere mediaticamente con Grillo e Berlusconi? Eppure Repubblica e Scalfari lo hanno sostenuto contro Matteo Renzi che oggi Repubblica comincia a trattare come un salvatore della patria, investendolo del ruolo di unica diga possibile allo tsunami di Grillo.

Repubblica è il primo quotidiano italiano e Eugenio Scalfari è l’ultimo grande vecchio del giornalismo. Gli opinion maker non svolgono più la funzione di un tempo. Elettori e lettori – come dimostrano i voti a Grillo – scelgono con la propria testa e si orientano sempre più spesso pescando nel web le informazioni e i commenti. Le articolesse di Scalfari e i pezzi dei cronisti politici però svolgono ancora una funzione molto importante nell’orientare le scelte dei politici che, continuano a considerare molto importante la visione e l’appoggio della carta stampata, nonostante sempre più spesso i giornaloni siano lontani dal popolo e non sappiano interpretarne le aspirazioni reali.

Non sarà allora il caso di porsi una domanda: cosa sarebbe accaduto se i politici del centrosinistra non avessero seguito i consigli di Scalfari? Magari dopo qualche mese di fibrillazione, avremmo avuto da un anno un governo eletto dal popolo, più forte di quello di Mario Monti. Ma soprattutto almeno uno dei due buffoni, Silvio Berlusconi, non sarebbe arrivato a un passo da ottenere di nuovo la guida del paese.  

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