Dal volto che è rimasto riconoscibile (come non potrebbe?) non traspare alcuna emozione. Quando arriva alla sede de Il Fatto Quotidiano nessuno di noi crede ai propri occhi. L’uomo che dice di essere Paolo Borsellino pare proprio lui vent’anni dopo. Stessi baffetti, solo più ingrigiti. Lo stesso sguardo, solo più triste ed invecchiato. Anche la cadenza siciliana è sempre quella; la voce solo un po’ più roca. La prima richiesta suona come un rimprovero ai giornalisti. “Vi prego di evitare la retorica del fantasma. Il morto che cammina è lo Stato”.

Dott. Borsellino, se lei ci toglie di bocca le uniche parole che ci vengono in mente come possiamo commentare il suo … ritorno?

Sono vivo, questo non basta?

No che non basta. Capisce bene che il suo … ritorno significa 20 anni di storia italiana da riscrivere. Partiamo dall’inizio. Cosa è successo dunque davvero quel 19 luglio 1992?

Un sosia, ecco tutto. Si è sempre creduto che il trucco dei sosia fosse appannaggio dei politici. O meglio, lo era fino all’estensione della trovata da parte mia e di Giovanni.

Falcone? Vuol mica dire che …

No, quello saltato in aria a Capaci era davvero Giovanni Falcone. Lui non si aspettava quella morte, io sì.

Ma non crederà mica che creda a questa storiella di quart’ordine dei sosia? Andiamo, dott. Borsellino!

Sono sempre stato famoso per la schiettezza. Se sono venuto fin qua, quando nessuno mi cercava e tutti si illudevano di una mia dipartita, non è certo per raccontar frottole.

Sì certo ma è tutto così incredibile. Come si chiamava il sosia?

Questo sarà compito degli investigatori accertarlo. Dico solo che era davvero una brava persona. Il senso di colpa mi ha divorato e continua a farlo. Cosa potevo fare, dopo quella strage? Uscire allo scoperto e ammettere che avevo mandato a morire degli innocenti? Proprio un simbolo dell’antimafia come Paolo Borsellino? Il senso di giustizia degli italiani sarebbe rimasto lacerato in eterno. La macchina retorica si è messa in moto troppo presto, fermarla avrebbe significato il linciaggio. Ho pensato che forse quella morte serviva ad un’Italia allo sbando, per potersi finalmente rialzare. Mi piange il cuore constatare che così non è stato.

Dove ha vissuto in questi anni?

Nel luogo dove mai sarebbero andati a cercare un servitore dello stato: una comune (è l’unico sorriso che si lascia scappare, ndr) … argentina, per la precisione.

Dott. Borsellino, le sue affermazioni sono squarci devastanti per la storia italiana. A questo punto nomi e date sono necessarie.

Spero nell’esercizio di memoria di costoro.

Ma fino ad ora nessuno, o quasi, ha ricordato o voluto farlo.

Beh, deve riconoscere che sono un incentivo niente male. Quello che volevo dire l’ho detto, le concedo un’ultima domanda.

Se non ha detto praticamente nulla!S

Le ho concesso una domanda, mica un’obiezione.

Che fine ha fatto l’agenda rossa?

Ottima domanda: merita un premio, una rivelazione che avevo calcolato di non fornire. L’agenda rossa è nelle mie mani.

Andrea Turco

 

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