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“Né gay né negri in squadra”: il razzismo della curva dello Zenit San Pietroburgo

Gli ultras della squadra russa di proprietà del colosso Gazprom hanno diramato un comunicato dai toni discriminatori e xenofobi con l'obiettivo di mantenere "l'identità nazionale" del club. Dalla società nessun commento. L'unico a parlare è il tecnico Spalletti: "Serve tolleranza"
“Né gay né negri in squadra”: il razzismo della curva dello Zenit San Pietroburgo
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Non vogliamo né giocatori di colore né omosessuali in squadra, nel nome della purezza della razza. Firmato Landscrona. Il gruppo di tifosi più numeroso e importante dello Zenit di San Pietroburgo ha pubblicato lunedì sul proprio sito un agghiacciante comunicato, denominato ‘Selection 12 Manifesto nel quale è scritto: “Non siamo razzisti, ma vediamo l’assenza di giocatori neri nella nostra squadra come il perpetuarsi di un’importante tradizione dello Zenit. In questo modo si permette allo Zenit di mantenere l’identità nazionale della squadra, che è il simbolo di San Pietroburgo”. Il comunicato prosegue poi così: “Vogliamo soltanto calciatori provenienti dai paesi nostri fratelli, come Ucraina, Bielorussia, le repubbliche baltiche e la Scandinavia. Noi abbiamo la stessa mentalità e lo stesso background storico e culturale di queste nazioni”.

Questo delirio nazista ben rappresenta l’anima di una tifoseria – e forse di una città – dove le ideologie nazionaliste di estrema destra sono assai diffuse. Lo Zenit è infatti, non a caso, l’unica grande squadra russa dove non hanno mai militato giocatori africani. E molti giocatori di colore, tra cui il centrocampista francese M’Vila, hanno raccontato di aver rifiutato il trasferimento allo Zenit dopo avere ricevuto minacce di morte. Lo stesso Hulk, poderoso centravanti brasiliano mulatto acquistato in autunno dal Porto, non ha avuto vita facile a San Pietroburgo. Non solo è entrato nel mirino dei tifosi, ma addirittura il capitano della squadra e della nazionale russa Denisov si è rifiutato di scendere in campo se il suo contratto non fosse stato adeguato economicamente a quello del nuovo acquisto.

Per la gioia dei tifosi dello Zenit, che alcuni anni fa si sono presentati a una partita di coppa contro il multietnico Marsiglia indossando i cappucci del Ku Klux Klan, ricevendo in cambio gli applausi dello stadio e una multa di 40mila euro dalla Uefa al club. E l’ostracismo della tifoseria non si limita solo all’etnia, investe anche la sfera dei gusti sessuali. “Non volgiamo esponenti di minoranze sessuali in squadra” scrivono infatti quelli di Landscrona, ben sapendo di potere contare sull’appoggio e sulla protezione delle autorità locali. Lo scorso luglio il Gay Pride che avrebbe dovuto tenersi nel parco Polyustrovsky è stato infatti vietato dal governatore, che ha utilizzato una legge locale approvata il primo di aprile volta a “proteggere la cittadinanza contro la propaganda destinata a promuovere comportamenti omosessuali tra i minori”.

L’omofobia e il razzismo diffusi a San Pietroburgo trovano il loro naturale sfogo tra i tifosi dello Zenit: una squadra non certo di secondo piano, visto che è di proprietà della Gazprom. Ma né dalla dirigenza del club, né dal colosso dell’estrazione di gas naturale è arrivata alcuna condanna ufficiale del vergognoso comunicato. Anzi, l’addetto stampa ha annunciato che la società non avrebbe rilasciato commenti in merito alla questione. Insieme a qualche ex giocatore, l’unico che ha avuto il coraggio di ribellarsi è stato il tecnico Spalletti, che ha dichiarato: “La tolleranza è la capacità di comprendere e accettare la diversità. Essere tollerante significa anche lottare contro ogni forma di stupidita”. Sperando che non rimangano parole isolate, destinate a perdersi nell’odio che monta lungo la Prospettiva Nevskij.

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