Ecco, se sei cresciuto tra Ottanta e Novanta con le forme evolutesi dall’hardcore-punk nelle orecchie e nel cuore, quando una band poteva essere la tua vita – Our Band Could Be Your Life cantava il povero D. Boon in History Lesson Part II – allora non puoi non amare i Mission of Burma. Proprio come amavi i Minutemen. Come amavi gli Husker Du. Non puoi non amarli perché nel loro post-punk c’è la forza diretta e genuina del punk ma c’è anche la narrazione e ci sono complesse soluzioni melodiche e chitarristiche a supportarla e a trafiggerti il cuore lasciandoti attonito, inerme, investito dalla bellezza. Queste canzoni ti uccidono dolcemente.

I Mission of Burma si formano a Boston nel 1979: Roger Miller alla chitarra, Clint Conley al basso, Peter Prescott alla batteria e Martin Swope come tape manipulator ed ingegnere del suono. Sarà proprio questa formazione originale che suonerà domenica 9 dicembre al Locomotiv di Bologna, con l’eccezione di Swope, sostituito a partire dal 2002, in fase di reunion, dal grande Bob Weston degli Shellac, in pratica un monumento vivente.

Parliamo di una delle band americane più influenti degli anni ottanta, sia ben chiaro. Il primo esaltante 7”, Academy Fight Song, l’EP Signals, Calls and Marches, che contiene la classica That’s When I Reach For my Revolver ed una All World Cowboy Romance da lacrime, ed infine il primo storico LP, quel Vs. che anche dopo tanti anni non finisce mai di stupire e commuovere e che annoveriamo senza batter ciglio tra le pietre miliari del rock americano. Così, nell’arco di quattro anni, tra ’79 e ’82, la band bostoniana getta le basi ed attua letteralmente il passaggio dal post-punk a quel rock, declinato in vari modi ma pur sempre discendente dall’hardcore-punk, che ha dominato poi l’epoca successiva: chitarre talvolta taglienti ed oblique alla Gang Four ed alla This Heat, altre volte ruvide, trascinanti, calorose e malinconiche, one-two-three-four, espressamente figlie dell’hardcore-punk, il tutto sublimato da una vena melodica alla XTC e da una complessità che li apparenta altresì a band avant come i Pere Ubu. E’ quasi come sentire gli Husker Du prima degli Husker Du: il fatto lampante è che da questi solchi si è abbeverata una generazione intera di band che poi hanno fatto la storia del rock americano negli anni successivi, dai Pixies ai R.E.M., ma qui dentro ci sono già anche i germi della scuola Dischord e dell’emo-core dei vari Pegboy, Sunny Day Real Estate e compagnia nonché parte del Seattle sound, Pearl Jam in testa, e se non bastasse c’è anche molto di ciò che prelude e condurrà al post-rock. Ascoltate il capolavoro assoluto che risponde al nome di Einstein’s Day. Se non conoscete Vs. lo consumerete, dall’inizio alla fine, avete la mia parola.

I Mission of Burma si riformano nel 2002 e la Matador non esita un attimo a metterli sotto contratto e a riattaccar loro la spina pubblicando il nuovo programmatico album ONoffON (2004). Il piacere di ascoltare un loro nuovo disco resta inalterato: prendete ad esempio l’uno due micidiale, 2wice più Spider’s Web, con cui inizia The Obliterati (2006) e comprenderete che cosa intendo dire. Oppure una ballad di travolgente bellezza come Feed, contenuta in The Sound, The Speed, The Light (2009) e pare di essere tornati all’epoca d’oro della band. L’ultimo lavoro, pubblicato da Fire Records ed intitolato Unsound, è ancora fresco di stampa ed immaginiamo che avrà un suo peso nell’economia del live cui assisteremo domenica sera al Locomotiv. In prima fila come da ragazzi. Disposti a lasciar fluire liberamente i sentimenti al cospetto dei maestri, certi che non mancheranno momenti di esaltazione e di commozione.

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