L’Italia ce la farà, e come ne uscirà? Ho assistito come oggi anno alla presentazione del Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, tra numeri e fenomenologie, narrazioni e ‘sentiment’. Si può divergere sulle soluzioni e le prospettive, ma le analisi sono ampie e colpiscono.

Ne emergono- impressione a caldo- alcuni spunti utili anche per il settore no profit e per il ruolo della Social Innovation, tra quelli segnalati negli interventi di G.De Rita e G.Roma:

  1. nuovi bisogni sociali da coprire come quello delle ‘nuove famiglie’ (giovani, immigrati)

  2. evoluzione ‘digitale’ del consumo, sempre più personalizzato

  3. economia cooperativa, che ha retto alla crisi ed incrementato l’occupazione.

Nuove famiglie’: emerge un disagio forte non tanto nella ‘famiglia’ e nel ceto medio ‘in generale’, quanto nelle nuove famiglie, quelle composte di immigrati e giovani in particolare, in grave difficoltà anche a causa della quasi impossibilità di contrarre un mutuo. Su tale disagio il Terzo Settore interviene già in modi innovativi con il cohousing, l’housing sociale e le cooperative di auto-costruzione, ma in modi ancora troppo timidi.

Paradigma digitale’: la digitalizzazione degli italiani (oltre il 60% degli italiani va quotidianamente in rete), sta rafforzando i fenomeni di sharing, di differenziazione delle abitudini di fruizione e di acquisto, dai gruppi di acquisto solidali e low cost alle tipologie di consumo alimentare, ai luoghi sempre più ‘vari’ dove fare la spesa o mangiare (si mangia sempre più low cost e fuori casa, fenomeno happy hour). Emerge una forte personalizzazione e disintermediazione delle relazioni di consumo, ed un ‘consumatore competente’, prevalentemente donna. L’uscita progressiva da un consumo più omologato e di massa, apre spazi molto interessanti a servizi-produzioni-commercializzazioni innovative, centrate su modelli di prossimità digitale ma anche di copertura ‘fisica’ del territorio. L’utilizzo di stanze per il bed & breakfast, come fanno il 2.5% dei cittadini, passa ugualmente tramite Internet.

Economia Cooperativa’. Il ‘capitalismo collaborativo’, in special modo la cooperazione, hanno tenuto ed incrementato l’occupazione, in forte controtendenza (+8% tra 2007 e 2011): un modello vincente perché conosce meglio il consumatore e coinvolge i lavoratori. Il fenomeno della cooperazione sociale, con il suo modello altamente inclusivo, potrebbe essere più innovativo ma intanto sta tenendo con forza un tessuto sociale altrimenti assai più drammaticamente sfilacciato: si tratta ora di immaginare una maggiore e più innovativa presenza digitale e nelle comunità e servizi sia web based che locali- pensiamo ai servizi di sharing e di ‘scambio’ tra pari e quale fonte di ‘business sociale’ potrebbero essere per un ‘sociale innovativo’.

Il futuro del settore non profit e dell’innovazione sociale in Italia, il suo potenziale occupazionale di ‘resistenza’ e di ‘start up’, il suo impatto sociale, si giocano a mio avviso tra digitalizzazione e prossimità locale, tra bisogni vecchi e nuovi e servizi innovativi ad una efficace ‘delivery’, tra economia collaborativa e capacità imprenditoriale pura.

Ma l’Italia è ancora ‘capace di futuro’? Le basi ci sono tutte – non nella politica e neppure nel governo (ripetutamente e non positivamente chiamato in causa nel Rapporto Censis): ci sono a sufficienza, mi sembra, anche solo nei pochi punti che ho citato. Sta a noi, in particolare ad una nuova classe di professionisti ed imprenditori ‘social’, e ad aziende più consapevoli del loro ruolo sociale, ‘riposizionarsi’ economicamente all’interno del bene comune.

Chissà se prima o poi, avremo un governo capace non solo di ‘mettere ordine’ in casa (De Rita), ma anche di co-progettare gli spazi del futuro con le parti più vive della società.

P.s: Per approfondire i temi in oggetto vi segnalo il volume ‘Social Innovation e Social Business-Nuove relazioni per co-progettare il cambiamento ed uscire dalla crisi’, a mia cura e che vede il confronto tra i principali protagonisti della Social Innovation Italiana

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