“Sono stracontento, perché è stata una giornata magnifica. Tantissima gente e un’organizzazione perfetta, non c’è stato nessun problema”. Lo dice il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. “Le primarie le abbiamo volute, le ho volute – ha aggiunto – ho sentito Renzi e gli mando un abbraccio”. Bersani ha aggiunto di guardare “con fiducia al ballottaggio“. Dispiaciuto per non aver centrato la vittoria al primo turno? “Questa è una cosa curiosa. Vi ricordate o no che qualcuno non voleva il ballottaggio, c’era chi obietto?. Se non avessi fatto il ballottaggio -aggiunge- stasera avrei stravinto ma io credo che il candidato premier del centrosinistra debba avere il 51 per cento dei voti degli elettori progressisti”. A chi gli chiede di Beppe Grillo risponde lapidario: “Basta con l’uomo solo al comando, guardiamoci ad altezza occhi, la Rete non basta. Sono soddisfatto per il mio risultato, ma prima ancora sono soddisfatto per lo straordinario risultato di partecipazione. Abbiamo fatto proprio un regalo a questo paese che ha bisogno di riprendere un pochino di fiducia”.

A Piacenza, il segretario vince con il 50,33%, ma Renzi regge col 39,6%. L’Emilia Romagna lo applaude e resiste, ma non è sufficiente, perché – almeno fino a ora – non sfonda la barriera del 50 per cento come invece sperava. Pier Luigi Bersani alla sede del suo comitato elettorale ci arriva alle 23, con la faccia distesa di chi ha voglia di tranquillizzare i suoi più che essere tranquillizzato. Perché si può essere politici navigati pronti a tutto, ma una semi sconfitta brucia sempre abbastanza da lasciare l’amaro in bocca. E la politica in questi momenti non è molto diversa da un derby di calcio, una scommessa tra vecchi fratelli e una rivincita che si vuole prendere a tutti i costi.

Il discorso è tutto un arrivederci, consapevole che presto dovrà fare i conti con il vero avversario di questa sfida politica: Matteo Renzi. “Non penso mi indebolirebbe andare al ballottaggio”, – aveva detto il segretario ai microfoni del fattoquotidiano.it venerdì scorso. Così diceva, ma in tanti mormorano che la vittoria al primo turno sarebbe stata un colpo troppo grande anche solo da desiderare. Ora la partita è tutta aperta e non è più questione di “dare prova di democrazia”, “ascoltare le spinte interne”, “accettare il nuovo”, ora la sfida è per la vittoria e non si accettano passi falsi.

 Una giornata di passione, in attesa dei risultati tra famiglia e visite del paese natio, Bettola in provincia di Piacenza. Se il sindaco di Firenze ha passato le ore in attesa dei risultati correndo la maratona di Firenze e poi in coda per un voto, il candidato piacentino ha scelto una domenica tranquilla aspettando i risultati. In mattinata il voto con la moglie e le due figlie nel seggio di Piacenza prima del pranzo con i parenti. Uno in ritiro, lontano dalle televisioni, l’altro al centro dell’arena, tra microfoni, interviste e messaggi inviati via twitter. Per Bersani una sola dichiarazione: “Siamo stati bravi, siamo una grande squadra, ci siamo dati qualche calcetto e anche qualche calcione, ma sono cose che non mettono in discussione la lealtà di tutti e l’aiuto che ci daremo quando la competizione sarà finita”. È stata una festa, non fa che ripetere Pier Luigi Bersani, anche se, dopo aver fatto per lungo tempo il capo maturo che gioca sul fair play, ora sa che dovrà mettersi in gioco veramente per la vittoria finale.

Se il segretario Pd non ha mai veramente confessato la voglia di essere eletto al primo turno, a farlo per lui era stato nel pomeriggio il cugino Sergio. Il meccanico dell’officina di Bettola, che dal punto di partenza della campagna elettorale dello stesso Bersani, aveva detto: “Io lo so che ci tiene molto a diventare candidato e a vincere queste elezioni”. E ora questa voglia dovrà essere trasformata in una campagna elettorale dell’ultimo minuto agguerrita e forte. Perché il giovane sindaco di Firenze ha le carte in regola per fare le scarpe al candidato e questo è solo il primo round.

Al Bersani Point di Largo Battisti a Piacenza il risultato brucia. A pochi passi dalla stessa sede di Matteo Renzi, i militanti bersaniani hanno paura quasi ad uscire dalla piccola stanzina. Perché se certo niente è perduto, è logico che la non-vittoria da una soddisfazione ai renziani di nuova data. “Ci abbiamo provato a fare una festa tutti insieme qualche giorno fa”, raccontano alcuni dei militanti del comitato per Bersani, “però non possiamo negare una certa rottura”. È la competizione di chi lotta insieme per un risultato, che assapora la competizione e che, almeno per un momento farà fatica poi a stringersi la mano.

Piacenza, terra di Bersani, ma terra anche di Roberto Reggi sindaco della città per lungo tempo e coordinatore della campagna elettorale di Matteo Renzi, ma soprattutto città emiliana per un pelo e molto più vicina alle idee di centro destra. “Sono arrivata tardi e non ho fatto in tempo a votare”, dice una signora passeggiando sotto i portici di Piacenza. “Meglio così, si vede era destino che non scegliessi tra i due”. E se fino ad oggi in molti hanno temporeggiato sulla scelta cruciale per la coalizione del centro sinistra, quella tra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi, domenica prossima non ci sarà più spazio per le indecisioni.

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