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Il diritto alla violenza

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Gli scontri che in questi giorni sono avvenuti tra studenti e manifestanti nei confronti delle forze dell’ordine non spaventano in sé, ma per il contenuto ideologico che esprimono. Essi rivengono, e non è la prima volta, da esigenze di “sfogo” di istinti brutali di pochi facinorosi irresponsabili, che in zucca non hanno che l’immagine della spranga. Molti manifestano per esigenze e motivazioni legittime, ci credono e vanno salvaguardati.

Ma troppi ancora credono di avere diritto alla violenza, con il solito refrain. La polizia ci ha caricato, noi abbiamo risposto. “Abbiamo agito per legittima difesa”, dice una ragazza tra i manifestanti, mostrando ancora una volta che serve una spiegazione, elementare, delle regole di gestione delle manifestazioni pubbliche. Esse debbono essere autorizzate e programmate nei percorsi, non si può deviare né fare danni. Le cariche delle forze dell’ordine – non divertenti per queste ultime – sono possibili solo dietro precisi ordini dei dirigenti di polizia preparati e altamente professionali. Di certo, per scattare, devono verificarsi attacchi dei manifestanti, non essendo possibile l’inverso, tranne che i cortei vogliano avvicinarsi ad obiettivi protetti.

Le armi trovate nascoste erano lì per una festa pre-natalizia di pacifisti? Ma i cattivi sono sempre loro, i poliziotti e tutti quelli che condannano questi episodi e vogliono una limitazione, sacrosanta e mirata, del diritto alla protesta. Che torni il diritto all’ordine e alla sicurezza, attenzione e severità massime contro chi ritiene di avere quello alla violenza per affermare il proprio pensiero senza senso.

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