Una mostra costruita con l’elmetto in testa. In tutti i sensi. Quella che inaugura sabato 13 ottobre a Palazzo dei Diamanti, Boldini, Previati e De Pisis. Due secoli di grande arte a Ferrara, è un allestimento che nasce dai cocci lasciati nel cuore dei monumenti di Ferrara dal terremoto. In particolare di Palazzo Massari, tuttora inagibile, che ospitava fino a quattro mesi fa le collezioni delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, del Museo Giovanni Boldini, del Museo dell’Ottocento e del Museo Filippo de Pisis. In tutto ottomila opere, tra quadri, disegni e scultore, “sfollati” nei depositi di municipio e palazzo Diamanti. Da questo patrimonio artistico rimasto senza tetto Ferrara Arte ha estrapolato gli 80 capolavori che saranno visibili fino al 13 gennaio 2013.

E per farlo le curatrici Maria Luisa Pacelli, Barbara Guidi e Chiara Vorrasi hanno letteralmente lavorato con l’elmetto in testa. “I loro uffici – ricorda il dirigente dei servizi culturali Giovanni Lenzerini al quale si deve l’idea della mostra – erano stati chiusi dopo il sisma e la realizzazione di questa esposizione è stata possibile solo grazie ai loro sforzi”. Senza quegli sforzi, insomma, i tesori di Palazzo Massari non sarebbero stati fruibili fino al termine – incerto – di importanti lavori di consolidamento dell’edificio.

Sforzi che ora si diramano alle pareti che portano i nomi di Giovanni Boldini, Gaetano Previati, Giuseppe Mentessi, Arrigo Minerbi e Filippo De Pisis. “Nelle intenzioni del Comune di Ferrara e di Ferrara Arte – prosegue Lenzerini -, i capolavori in mostra diventeranno l’emblema della città: si sta infatti studiando una loro presentazione, dopo questa “prima” ferrarese, in altre sedi espositive italiane”.

Per quanto riguarda l’allestimento, questi Due secoli di grande arte a Ferrara partono con opere provenienti dal Museo dell’Ottocento, con Gaetano Turchi (suo il “Tasso” nella parete di sinistra), Giovanni Pagliarani e Massimiliano Lodi. Si avanza di sala in sala ed ecco i primi indizi di Boldini, con una serie di ritratti risalenti al periodo fiorentino, di ispirazione macchiaiola. La galleria prosegue con l’impronta impressionista acquistata nella Parigi della Belle Époque, fino ai capolavori che lo hanno reso celebre: il Ritratto del piccolo Subercaseaux, Fuoco d’artificio, la Passeggiata al Bois de Boulogne.

L’altro grande protagonista della rassegna è Previati, che catalizza l’attenzione del visitatore con un ‘infernale’ Paolo e Francesca, “capolavoro simbolista” come non esitano a definirlo le curatrici.

A ancora opere di ispirazione secessionista e futurista con Arrigo Minerbi, Aroldo Bonzagni, Umberto Boccioni, Roberto Melli e Annibale Zucchini. Fino a uno dei massimi esponenti di “Novecento”, Achille Funi, che verrà accostato a pionieri del “ritorno all’ordine” e delle poetiche arcaiste, quali Carlo Carrà e Mario Sironi.

La chiusa d’onore è affidata a De Pisis, con “la sala più difficile da allestire”, come ammette Pacelli: “è stato impegnativo cercare di rappresentare tutte le tappe del percorso dell’artista con opere non scontate e che potessero dialogare tra loro”. Ecco allora il passaggio dalle nature morte marine di ispirazione metafisica (“Le cipolle di Socrate”), alle quali De Pisis affida il suo personale addio a Ferrara, alle nature morte notturne delle passeggiate lungo la Senna, passando dai ritratti di efebi (“Allegro ai lirici”) fino ai quadri partoriti nella clinica dove venne ricoverato (“La rosa nella bottiglia”).

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