Marsiglia non è una città per turisti. Non c’è niente da vedere. La sua bellezza non si fotografa. Si condivide. Qui, bisogna schierarsi. Appassionarsi. Essere per, essere contro. Essere, violentemente. Solo allora, ciò che c’è da vedere si lascia vedere”. Così lo scrittore Jean Claude Izzo ha descritto la sua città in Casino totale, primo volume della “trilogia marsigliese” (Chourmo e Solea i titoli successivi) che lo ha reso un autore di culto e un punto di riferimento per il cosiddetto noir mediterraneo. E se Marsiglia non è luogo per turisti, l’unico modo per scoprirne sapori e profumi è non affidarsi a una guida tradizionale, ma a chi questa metropoli ricca di contrasti se la porta dentro: Fabio Montale, il protagonista dei romanzi di Izzo. Non resta perciò che salire sulla sua vecchia R5 e abbandonarsi con lui ai banconi o ai tavoli dei suoi locali preferiti.

Marsiglia è una città meticcia dove le mille culture di passaggio, fradicie d’acqua di mare, sgocciolano lasciando tracce indelebili su una mappa frastagliata: dai quartieri diventati ostentatamente alla moda, alle cités del nord, “le periferie dell’immigrazione”, fino alle strade storiche del Panier e del Vieux Port. Un crogiuolo di lingue e suggestioni trasferitosi anche nei piatti e nel fondo dei bicchieri, dando vita a quel sapore mediterraneo che partendo dalla bouillabaisse, ricchissima zuppa di pesce locale, sfiora le coste della Grecia col gusto deciso di dolmades (involtini di vite ripieni) e tarama (salsa a base di uova di carpa o merluzzo), e si rinfresca con un calice di bianco delle Cinque Terre o di rosso provenzale per poi terminare nei loukoum, dolcetti arabi di pasta aromatizzata ricoperti di zucchero a velo. E così per Fabio Montale mangiare diventa non solo un modo di immergersi in questa affascinante atmosfera multietnica, ma anche un vero e proprio atto di resistenza politica verso le crescenti tensioni razziali fomentate dall’estrema destra. Come al “Bar de Maraichers”, in rue Curiol nel quartiere La Plaine, frequentato da chi “sicuramente non votava Fronte Nazionale” e dove Hassan, sotto l’ala protettrice della musica di Brel, Brassens e Ferré, gli offre un bicchiere dopo l’altro e pietanze semplici a base di pane, pomodoro e olio d’oliva. O come al mercato multicolore di Longue des Capucins, lungo la Canebiere, perfetto per perdersi tra i profumi di mille spezie che trasformano questa parte della città in un angolo d’oriente: dal coriandolo al cumino, dal curry alla menta, quegli stessi aromi che Montale ritrova anche sul corpo delle donne che tragicamente ama.

Cuore pulsante di Marsiglia e di molte delle vicende della trilogia sono poi il Vieux Port e le zone limitrofe. Qui si può osservare l’andirivieni delle imbarcazioni sorseggiando una birra sulla terrazza de “La Samaritaine” o gustando un piatto di calamari fritti e melanzane gratinate innaffiati da un vino rosè al “Bar de la Marine”. Poco lontano i vicoli tortuosi del Panier, dove Montale viene accolto al “Treize coins” di Ange, in rue Sainte Françoise, con un bicchiere di mauresque (pastis e sciroppo d’orzata) e un piatto di verdure ripiene o di trigliette in salsa bohemienne. È questo uno dei suoi rifugi quando ha bisogno di farsi invadere dai sapori “per negare la morte”, riparo offerto anche dal non lontano “Chez Felix”, in rue Caisserie, dove l’investigatore affoga l’inquietudine nei bicchierini di pastis, nel cognac e nella straordinaria armonia della zuppa di mare, della fricassea, delle sardine marinate e della pasta con le vongole. E non manca lo spazio per la cucina italiana di Mario, in place Thiars: mozzarella, acciughe, capperi, pomodori, olive nere e un cremoso tiramisù.

Ma c’è ancora un ultimo posto dove Montale cerca di sfuggire “alla schifezza del mondo” con un’uscita in barca in solitaria o attraverso i piaceri del palato. Il porticciolo di Les Goudes, poco fuori dalla città, protetto da colline brulle e collocato a sud-est dell’agglomerato urbano, poco prima de Le Calanques, venti chilometri di spettacolare massiccio di roccia calcarea a strapiombo sul mare. Qui si trova la casa di Fabio, che tradisce per un attimo il Mare Nostrum anestetizzando il dolore con il profumo torbato dei whisky scozzesi Oban e Lagavulin. Ma il Mediterraneo torna prepotentemente protagonista nelle scelte in cucina, sia quando è lo stesso Montale a cucinare sfornando orate alla griglia o spigole farcite con finocchio e olio d’oliva, ma soprattutto nei piatti di Honorine, l’energica settantenne che lo ha praticamente “adottato”. Dalla semplicità di croque monsieur (tipico sandwich francese grigliato con prosciutto e formaggio) e focacce, ai più elaborati stufati, frittelle di puré di ceci e pasta al pesto fino alla settimana di lavoro necessaria per preparare al meglio la bottarga. Sono queste delizie culinarie, innaffiate da una bottiglia di Cassis, a concedere all’investigatore una tregua dallo stress delle indagini. Volete cimentarvi anche voi? Provate con i “peperoni alla rumena”, la cui ricetta è raccontata in Casino Totale, ripieni di riso, salsiccia, carne di manzo e salsa di pomodoro, e insaporiti da timo, alloro e santoreggia.

di Paolo Scandale

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