Un prima e un dopo. Un dentro e un fuori. Come ogni io che si rispetti sono tante le Federica Pellegrini che abbiamo conosciuto. C’è la campionessa dalle linguacce e i cuoricini, la ragazzina che cerca di diventare adulta e poi quella voglia di tirare contro il muro il costume da bagno e indossare un abito lungo su spalle troppo larghe e i tacchi a spillo su di un corpo che assomiglia più all’idea di Atena che non alle gambe di Kate Moss. C’è la Federica che piange e quella che si mangia più allenatori che piatti di minestra.

C’è la ragazza di una pianura, Spinea che, più che Venezia è l’odore lontano del petrolchimico di Mestre, che vola con il suo fidanzato di allora, Luca, nella Parigi dell’amore eterno, ma che ritorna a casa a culo dritto, perché Parigi è più faticosa di quindici chilometri al giorno in piscina. C’è la ragazza dentro la piscina e quella fuori. Dentro l’acqua, finché aveva la rabbia, avrebbe potuto infilarsi nel taschino chiunque, umiliare le avversarie come neanche il miglior Marco Pantani era capace di fare. Tre bracciate e avrebbe vinto anche le Olimpiadi di Londra. Ma quella Pellegrini più che in vasca stava fuori: si allenava, ma evidentemente con la testa asciutta, fuori dal cloro e dal blu delle righe.

Così, a Londra, è naufragata, lei che avrebbe potuto sfidare le onde del libeccio è annegata nel pantano di una piscina. Dopo quell’annaspare ha pronunciato tanti discorsi, senza dire una parola. L’unica certezza ce l’ha data l’acqua della piscina: Federica Pellegrini non sarà mai più una campionessa. Potrà vivacchiare, ma verrà sostituita da altre più giovani e veloci. Anche più belle, se è per questo.

Chiunque non fosse stata rovinata – probabilmente – da chi le sta accanto sarebbe tornata a casa con il capo chino. “Vado alla ricerca della rabbia perduta”. Oppure “smetto e mi tuffo nell’acqua più leggera dei reality”. Le avremmo perdonato tutto, nonostante non possa essere simpatica perché è bella, ricca, alta e ha vinto tutto quello che poteva. Sarebbe rimasta la Novella Calligaris dei nostri figli, il Maradona dei bar di Napoli.

Invece la Pellegrini rigetta l’oblio della campionessa.Vorrebbe macinare ancora allenatori, disegnare cuori, riempirsi di copertine e tatuaggi. Senza capire che finché vinci puoi farlo, quando smetti non te lo perdona più nessuno. Vorrebbe un contratto di quattro anni e la possibilità di scegliere l’allenatore, quel Philippe Lucas pieno di collane e presunzione che lei stessa prese e mollò dopo qualche mese a Parigi. Vorrebbe un contratto per lei e, pari condizioni, per il fidanzato che, ahimè, proprio campione non lo è mai stato. In altri tempi la Federazione probabilmente avrebbe calato le braghe. Nell’Italia che cambia non c’è spazio per nessuna bizza. Resta il ricordo, il corpo per guadagnare tanti soldi ce l’ha, la testa nei reality tanto non serve. Vada a Miss Italia, a Ballando con le stelle, al Grande fratello inglese (quello italiano per fortuna non ci sarà più), ma abbandoni le pretese. Non può permetterselo, poteva dopo Atene 2004, argento a 16 anni. Ora è tutta un’altra storia.

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