Si sono svolti ieri in tutte le Università statali italiane i test di ammissione ai corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia. Che un test di ammissione sia in qualche modo necessario è indiscutibile: il numero chiuso per questo corso di Laurea (ed alcuni altri) è imposto da normative della Comunità Europea, e comunque le domande di ammissione superano in modo molto marcato non solo i posti disponibili ma anche la ricettività delle strutture formative. Basti dire che il numero delle matricole è di poco inferiore al numero dei posti letto degli ospedali universitari mentre il numero dei candidati è di circa otto volte superiore a quello delle matricole: in assenza di un numero programmato di ammissione gli studenti dei sei anni del corso sarebbero pari a circa 40 o 50 volte il numero dei pazienti dei Policlinici universitari, una condizione ovviamente non sostenibile in primo luogo per il disagio dei poveri pazienti che si troverebbero ad essere ripetutamente visitati e rivisitati da frotte di studenti.

Si potrebbe almeno pretendere che i test di ammissione siano validi e significativi; purtroppo questo non è il caso per una curiosa miscela di arroganza e incompetenza del Ministero i cui esperti preparano i quiz in un modo completamente autoreferenziale e senza neppure guardare cosa è successo negli con i loro stessi quiz anni precedenti. Non starò qui a ripetere esempi aneddotici di quiz pensati male: anche quest’anno ce n’erano diversi da quello sull’Imu a quelli sulla biologia, terrore di tutti i candidati. Farò invece una considerazione elementare, che chiunque al Ministero potrebbe fare se, oltre a riscuotere lo stipendio, svolgesse il suo lavoro con un minimo di consapevolezza. Non sono ancora usciti i risultati di quest’anno ma conosciamo quelli degli anni scorsi (i curiosi possono leggerli, almeno in parte, su questa pagina web) e sappiamo che nessun candidato ha mai preso il massimo punteggio possibile di 80 (ogni anno partecipano molte migliaia di candidati: il numero esatto varia da un anno all’altro un numero tipico è di 6.000-7.000 ogni anno per la sola Sapienza di Roma). Come è possibile che su un numero di prove finora sostenute che si conta nelle centinaia di migliaia nessuno abbia risposto esattamente a tutti i quiz? Che razza di quiz preparano gli esperti del Ministero?

I quiz di ammissione a Medicina e Chirurgia non hanno lo scopo di dimostrare la bravura degli esperti che li preparano: hanno lo scopo di distribuire i candidati su una gaussiana il più larga possibile per permettere l’individuazione dei più preparati (e anche su questo ci sarebbe da discutere). Se il più bravo dei candidati prende 60/80 questo vuol dire che effettivamente quella parte della scala di valutazione che va da 61 a 80 è stata sprecata: tanto valeva limitarsi a proporre 60 domande invece di 80. E’ utile fare un test con molti quiz, perché, almeno in teoria, da una valutazione più accurata; ma la valutazione non è accurata se poi in pratica neppure i pù bravi tra i candidati ottengono il massimo punteggio. Qualunque esperto di valutazione (tranne quelli del Ministero) sa che un obbiettivo di un test di valutazione è che almeno una piccola percentuale dei candidati ottenga il massimo punteggio e almeno una piccola percentuale ottenga il minimo punteggio: una scala di misurazione che in teoria va da -20 a 80 perde la metà del suo potere discriminatorio se poi in pratica va da 10 a 60.

Possibile che dopo decenni di test di ammissione che vanno sempre nello stesso modo gli esperti del Ministero non lo abbiano ancora capito?

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