Le società di calcio europee hanno già messo in atto diversi stratagemmi per evitare di incorrere nelle sanzioni del fair play finanziario voluto dalla Uefa. Alcune l’hanno fatto nei modi più scontati, attraverso nuove sponsorizzazioni o con l’ingresso di nuovi soci, altre con modalità al confine tra il legittimo e l’illegittimo, attraverso iniezioni di denaro della proprietà mascherate da sponsorizzazioni. Altre ancora, come il Trabzonspor, hanno pensato invece di autofinanziarsi attraverso la messa in cantiere di grandi opere: in questo caso la costruzione di una centrale idroelettrica sul Mar Nero, con risvolti politici che vanno oltre il calcio.

Grosso modo le regole del fair play finanziario impongono alle società di non spendere più di quello che guadagnano. La prima stagione presa in considerazione è la 2013-14, dove saranno conteggiati anche i bilanci delle due stagioni precedenti. In questi tre anni le società non potranno dichiarare perdite superiori ai 45 milioni di euro, né potranno avere i passivi ripianati della proprietà. Sono considerati guadagni ‘puliti’ gli incassi derivanti da botteghino, diritti tv, merchandising, sponsor e vendita dei giocatori, e non sono conteggiate alcune spese, come quelle per le infrastrutture e lo sviluppo del settore giovanile. La pena per chi non rispetta il fair play arriva fino all’esclusione dalle competizioni europee.

Questa nuova regola, voluta dalla Uefa nel 2009, ha fatto sì che società come il Barcellona – che mai nella sua ultracentenaria storia aveva avuto uno sponsor sulla maglietta, con l’eccezione dell’Unicef, per cui però era la società catalana a pagare – decidesse nel 2011 di sporcare la casacca blaugrana con lo sponsor Qatar Foundation per cinque anni, in cambio di 150 milioni di euro. Per lo stesso motivo, avere nuove entrate che contengano le perdite, l’Inter sta cedendo il 15% delle quote del club alla China Railway Construction Corporation e il Manchester United si è quotato in borsa.

Più in là si è spinto il Manchester City, altro club coi bilanci sempre in rosso: una media di quasi 3 sterline spese per ognuna incassata da quando è degli sceicchi di Abu Dhabi. Nel 2011 il City ha venduto il nome dello stadio per 10 anni alla Etihad per 400 milioni di sterline. Già di per sé sospetto – dato che Fly Emirates corrisponde all’Arsenal, club più famoso e vincente del City, solo 2,8 milioni l’anno per lo stesso tipo di sponsorizzazione – il trucco diventa evidente se si considera che Etihad è di proprietà dei medesimi sceicchi che hanno acquistato il City. Ma la Uefa , nonostante la denuncia dell’Arsenal, ha preferito non intervenire argomentando che parte dei soldi avuti dallo sponsor sarà utilizzata per il settore giovanile.

Ancora più in là si è spinto il Trabzonspor. Il club di Trebisonda ha infatti appena ottenuto dal governo turco il permesso e le agevolazioni per costruire una centrale idroelettrica sul Mar Nero. Un’operazione vista di buon grado da Ankara, dato che in questo modo il paese, la cui crescita energetica supera l’8% annuo, potrebbe affrancarsi dall’acquisto del gas naturale dei vicini russi e azeri. Il costo è stimato in 50 milioni di dollari, per un ricavo intorno ai 10 milioni l’anno. Un altro caso limite, dato che il fair play non conteggia le spese per le infrastrutture mentre potrebbe consentirne i ricavi. Chissà se la Uefa interverrà o meno. E, nel secondo caso, quali stratagemmi potrebbero inventarsi ancora le società di calcio per aggirare il fair play finanziario.

 

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