Le idee scarseggiano. Il futuro è un’ipotesi. Così può succedere che le pietanze da proporre sul piatto a un elettorato sazio siano sempre le stesse. Tanto che lo slogan della Festa democratica, o dell’Unità, come ancora viene chiamata, proponga la citazione cara all’amministratore delegato della Fiat.

“Siamo quel che facciamo”. La frase è di Aristotele, ma è da tempo che Marchionne se l’è presa in prestito. La cita abitualmente il manager italo canadese, ai manager fidati, agli amici, in famiglia. E, soprattutto, nel 2011, in occasione del lancio della nuova Panda, a Pomigliano d’Arco, ne ha fatto una serie di cartelloni pubblicitari.

Immaginate lo stupore di quel che resta della classe operaia quando – convinti di alzare il pugno – se la sono trovata alla festa di Bologna, in quello che fu un santuario rosso, in via Stalingrado. “Siamo quel che facciamo”. E non solo in un cartelone, ma in tutti i volantini, tra gli stand, all’apertura di ogni dibattito: “Siamo quel che facciamo”. Firmato Aristotele, voluta da Marchionne nella personalissima filosofia industriale e, alla fine,  fatta propria dal Pd.

Il più duro è Bruno Papignani, segretario della Fiom in Emilia Romagna: “E’ assolutamente normale, vivono in simbiosi”. La Fiom è rimasta all’uscio: il Pd non l’ha voluta né alla festa di Reggio Emilia, quella nazionale, né a Bologna. Hanno preferito chiamare giornalisti come Alessandro Sallusti che non un rappresentante dei metalmeccanici.

Il tutto accade nell’attesa del discorso di stasera, affidato al segretario Pierluigi Bersani, che dando del fascista a Grillo ha già infiammato i compagni di Reggio Emilia e altrettanto promette di fare a Bologna. “Un discorso duro”, come diceva Totò in un memorabile film con Vittorio De Sica, I Due marescialli, ma che ha lasciato perplesso un’ala del partito che in Bersani si riconosce poco e male. Da Renzi, outsider di lusso candidato alle primarie, ma anche Graziano Delrio, sindaco di Reggio e presidente dell’Anci, renziano non dichiarato, che ha invitato il segretario alla prudenza verbale, giusto per non rischiare di fare il gioco degli avversari.

“Vengano qui a dirci che siamo degli zombie”, ha urlato il segretario. Un invito che di politico non ha niente, se non la consapevolezza che il peggior avversario del Pd è il Movimento 5 stelle, in grado di strappare al partitone punti in percentuale e seggi, tanti. Venite qui a dirci che siamo zombie. Troverete anche un pezzettino del Marchionne pensiero.

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