Alla contrapposizione tra Destra e Sinistra preferisco quella tra Riformatori e Conservatori.

Nato nel 1973, ho sempre percepito destra e sinistra come delle etnie politiche, inchiodate al senso di appartenenza. Già al liceo ci si trova(va) con lo schema prefissato da modelli del passato, al punto che se una volta era di moda essere di sinistra oggi lo è diventato essere di destra.

Esistono ancora destra e sinistra a vent’anni dalla fine della Prima Repubblica? Di fronte a questa domanda postami dalla redazione de Il Fatto ho subito sorriso pensando che in Italia ciò che sembra esistere per e da sempre è il Centro (leggasi Vaticano & co).

Entrare nello schema destra-sinistra porta con sé il rischio di mettersi dei filtri con i quali colorare il mondo, per cui barbie è di destra e le bambole di pezza sono di sinistra.

L’unico parametro in base al quale vale la pena oggi giudicare una politica e un politico è la sua volontà di riformare la società, di trasformarla rispetto all’esistente nelle parti in cui occorre.

Anche perché “politica” non sono le posizioni che si assumono ma le lotte e le riforme che si conquistano. Una legge di riforma la puoi riconoscere perché è ispirata a un ideale che fino a quel momento non si era affermato.

Bobbio faceva l’esempio della legge che aveva chiuso i manicomi: buona o cattiva che fosse, si trattava di una trasformazione della sociètà che liberava chi nella storia era stato considerato come colui che non poteva essere liberato.

Essere un riformatore oggi significa, ad esempio, trasformare il modello di sviluppo tenendo conto del debito ecologico accumulato: è un conservatore quindi chi punta sull’edilizia che consuma il suolo anziché sul recupero del già costruito; chi continua a investire sulle autostrade anziché sulla mobilità sostenibile e i trasporti urbani; chi non fa pagare i costi a chi inquina e si oppone allo spostamento della tassazione dal reddito ai consumi delle risorse naturali non rinnovabili. Come i tanti casi Ilva insegnano, il Ministro Passera, Bersani, lo stesso Vendola sono dei conservatori.

Riformare oggi significa anche governare quei fenomeni sociali che sono gestiti in un’ottica proibizionista, penso al consumo di droga, alla prostituzione, all’eutanasia, alla stessa immigrazione. Ma le legalizzazioni, si sa, sono roba da sinistra liberale, quella che la scuola Pci si è sempre sforzata di rimuovere e marginalizzare. Di Pietro in questo va persino oltre: mesi fa disse “i Radicali portano avanti battaglie libertarie per cui si può fare tutto e di più: si può fumare spinelli, inveire con il Padreterno, abolire le carceriUn modo di vivere per me inconcepibile in una democrazia occidentale”. Eppure adesso con i suoi referendum per abolire le modifiche su articolo 18 e normativa sindacale sarà considerato di ultra sinistra.

Ma la questione che credo farà sempre più da spartiacque nel futuro, non solo italiano, è quella della riforma della democrazia, che non potrà non tener conto della nonviolenza e delle implicazioni legate alla società della Rete.

Alle prossime elezioni credo che avremmo ancora tanti di destra e di sinistra, ma di riformatori al momento ne vedo ben pochi.

P.s: se non avete letto “pungolature” su esponenti dell’attuale etnia di destra italiana è solo perché i vari La Russa, Gasparri, Sacconi e Cicchitto li ritengo estranei all’idea stessa di politica

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