Negli ultimi giorni sono usciti articoli di stampa su un grave dramma che sta vivendo una famiglia veneta: la malattia della propria piccola. Ammiro il padre che afferma che farà di tutto per la vita della figlia: chi è quel padre che non lo farebbe? Per i nostri figli saremmo pronti a qualsiasi sacrificio, ma dobbiamo, a volte, affrontare la realtà.

Veniamo ai fatti. La Procura della Repubblica di Torino sta indagando per truffa ed associazione a delinquere dopo che il 15 maggio scorso vennero bloccate, dall’AIFA e dai Carabinieri dei NAS, le sperimentazioni della Stamina Foundation presso l’ospedale di Brescia nelle quali è coinvolta una bambina di due anni affetta da atrofia muscolare spinale, malattia rara geneticamente trasmissibile. Il 21 agosto dovrebbe essere emanata la sentenza sulla richiesta, da parte del padre della bimba, di poter continuare la sperimentazione basata su iniezioni di cellule staminali adulte.

Chiediamo al dott. Paolo Banfi, Presidente della Commissione medico scientifica dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (UILDM) cos’è l’atrofia muscolare spinale: “L’atrofia muscolare spinale è una malattia delle cellule nervose delle corna anteriori del midollo spinale da cui partono i nervi diretti ai muscoli, o motoneuroni, e determina una debolezza muscolare globale che porta alla impossibilità a deglutire, respirare e quindi a morte precoce. Nella SMA 1, patologia di cui è affetta la piccola, l’aspettativa di vita è da pochi mesi a 18-24 mesi, ma è molto difficile da diagnosticare correttamente, per stabilirne la prognosi reale, poiché ci sono differenti gradi di gravità”.

Ma se è così facile trattare questa patologia, come i media hanno, forse con sufficienza, più volte scritto in questi giorni, semplicemente iniettando delle cellule staminali perché la comunità scientifica non l’ha già sperimentato prima?

Nella buona pratica clinica la sperimentazione deve seguire una legge di efficacia e di sicurezza che non mi pare sia stata considerata in questo caso: di sicurezza non lo sappiamo, essendo recente la sperimentazione. E di efficacia? Su questo punto vorrei ritornare sul modo di far diagnosi: le valutazioni della bimba non mi pare siano state fatte da neurologi infantili esperti della materia ed i successivi controlli nemmeno. La diagnosi va fatta da neurologi che curano effettivamente questi piccoli pazienti, che sanno di questa patologia ed il follow-up non può esser fatto solo con filmati parziali per dimostrare pseudo miglioramenti clinici che potrebbero essere spiegati da una corretta diagnosi della scala di malattia. Non è il modo efficace di procedere per il bene del paziente! Mi associo al silenzio composto del padre, al suo immenso dolore, ma ce la sentiremmo di sottoporre tutti i nostri piccoli ad una “sperimentazione selvaggia” senza futuro? Dobbiamo credere nella medicina, dobbiamo seguire tutte le buone pratiche cliniche e non fidarci di “avventurieri” che prospettano risultati miracolosi senza una base scientifica certa”.

Non credi che questo modo di procedere non appartenga ad una sanità attenta ai reali bisogni del paziente che prima di tutto è una “persona”?

Sembra che il modo di procedere, in questo caso, sia il classico modo in cui si dice: “facciamo qualcosa, non importa che cosa, basta fare qualcosa”. A mio avviso è una grave mancanza di rispetto nei confronti della persona del paziente ed un voler lavarsene le mani”.

Il magistrato che dovrà decidere avrà le idee più chiare degli organi di stampa e dei media?

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