Leggendo l’articolo su Donne di Fatto riguardo all’impegno del ministro Elsa Fornero per assicurare le quote rosa nelle aziende pubbliche sono rimasto, come sempre, colpito da quella che considero una vera e propria offesa alla dignità di genere sia maschile che femminile.

Io ritengo che, per qualsiasi donna, sarebbe molto più gratificante essere assunta perché brava nel suo lavoro e non solo perché donna. La competenza, la professionalità, l’impegno e la motivazione nel proprio lavoro non hanno sesso.

L’affermazione: “l’equilibrio si considera raggiunto quando il genere meno rappresentato all’interno dell’organo amministrativo o di controllo ottiene almeno un terzo dei componenti eletti”  esplicitata dal decreto legge approvato dal consiglio dei ministri è fuorviante in quanto l’equilibrio non viene raggiunto, ma imposto che è cosa ben diversa.

Certo, i dati ci dicono che per le donne è molto più difficile essere assunte o ricoprire determinati ruoli e quindi l’obbiettivo delle quote rosa sarebbe permettere a molte più donne di non subire delle discriminazioni. L’obiettivo in sé è corretto, ma le modalità non lo sono. Non si fa altro che cercare di eliminare una discriminazione nei confronti del femminile aggiungendone una nuova nei confronti del maschile. Togliere un posto di lavoro ad un uomo in quanto uomo rientra nella stessa identica logica del togliere un posto di lavoro ad una donna in quanto donna.

Con l’imposizione non si ottiene niente. Bisogna invece cercare di fare molte più campagne di sensibilizzazione sulle questioni di genere ed impegnarsi quotidianamente per abbattere gli stereotipi. Quando mi sono ritrovato come facilitatore in gruppi di uomini e di donne che si confrontavano sulle rispettive convinzioni, paure e difficoltà nei confronti del sesso opposto ho visto sciogliersi molti facili costrutti mentali. Riuscire poi a parlare di questi argomenti con bambini e soprattutto con adolescenti nelle scuole è, secondo me, una delle possibilità migliori che possiamo offrire alle nuove generazioni perché cambino ciò che non funziona nelle vecchie.

Tutto questo mi fa ritornare alla mente anche lo scalpore mediatico suscitato 4 anni fa durante le elezioni presidenziali degli Usa in cui era altamente probabile che ad essere eletto sarebbe stato o la prima donna o il primo afroamericano della storia americana. La sfida tra Hillary Clinton e Barack Obama si “riduceva” a questo, mentre ad essere eletto sarebbe dovuto semplicemente il candidato migliore e più convincente. Certo che ha la sua importanza un presidente afroamericano o un presidente donna, ma sono considerazioni che devono ruotare intorno ai contenuti e non devono sostituirsi ai contenuti. A cosa serve agli americani un presidente “alternativo” se poi le sue politiche sono fallimentari? Lo si dovrebbe eleggere perché è donna, perché è di colore o perché è una persona che dimostra di avere delle potenzialità e quindi è opportuno che le metta in campo?

Troppe volte l’ immagine mostra sempre di farla da padrona nella nostra società.

di Mario De Maglie

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