Quando Claire Cunningham balla con le stampelle scardina molte certezze, tra quelle che confinano col luogo comune. Che la danza sia fatta in un solo modo, ad esempio. Ballerina e coreografa scozzese, con i suoi movimenti sul palcoscenico scrive una nuova definizione dei concetti di arte e disabilità, riuscendo nell’incanto di unire forza e delicatezza, energia e fragilità. Cantante di formazione classica, si è esibita per anni nei musical. L’interesse per la danza è arrivato nel 2005, quando ha iniziato a inventare un linguaggio nuovo studiando con Bill Shannon una tecnica che le consentisse di ballare con le stampelle. Nel 2008 ha vinto il premio Dada (Disability and deaf arts) award for performance arts.

Me (Mobile/Evolution) è un doppio spettacolo, scritto e interpretato da lei, presentato nel 2009 al Fringe Festival di Edimburgo. Il 19 e 20 luglio andrà in scena alla Cavallerizza Reale di Torino, in occasione della rassegna Teatro a Corte. L’esibizione fa parte di New Connections in Theatre, un progetto del British Council che ospita artisti del Regno Unito per creare nuove connessioni e occasioni di incontro tra i talenti britannici e il pubblico italiano.

Il titolo è l’unione dei due spettacoli Mobile ed Evolution, che vanno in scena uno dopo l’altro. In Mobile, rappresentato la prima volta nel 2008, Claire Cunningham racconta storie di scelte, equilibrio e ricordi, unendo la danza alle parole e alle sculture ispirate al lavoro di Alexander Calder. Evolution, creato nel 2007, è autobiografico e parla del cambiamento del suo corpo, degli interventi medici e soprattutto dell’amore per la danza. Innovativo, spiritoso, radicale, visionario, divertente, gioioso e commovente sono solo alcuni degli aggettivi che la stampa britannica ha usato per descrivere Me (Mobile/Evolution).

Claire in una delle sue performance

Sono molte le cose che Claire Cunningham vuole trasmettere al pubblico con il suo spettacolo. “Cerco sempre di trasmettere onestà – ci ha spiegato – Principalmente quella della mia vita, nella speranza che riecheggi anche tra i membri del pubblico e che possano vedere al di là delle differenze. Voglio trasmettere un senso di divertimento, di amore per il teatro e il bisogno, forse, di non prendere tutto troppo sul serio. Nemmeno l’arte (in particolare la danza contemporanea) e la disabilità: se siamo in grado di ridere di cose che troviamo difficili o di cui ci imbarazza parlare, possiamo creare una sintonia più forte e quindi comprensione. Infine voglio trasmettere la mia personale scoperta della danza, la gioia e la consapevolezza che non deve essere quello che convenzionalmente pensiamo che sia, né praticata da chi l’ha tradizionalmente praticata in passato. Noi arricchiamo il mondo dell’arte accettando la diversità e non escludendola”.

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