Quando Laura scopre di essere malata di distrofia muscolare, quello che “sembrava essere il grande amore” era appena sbocciato. Una vita normale, pochi amici ma ben selezionati, studentessa modello. Aveva da poco compiuto vent’anni. Da allora ne sono passati dieci. E’ cambiato il suo corpo – a causa della malattia oggi Laura si sposta su una sedia a rotelle – e anche il fidanzato non è più lo stesso. “Non c’incastravamo più e, considerato le mie nuove forme, non intendo solo caratterialmente”.

E’ lei stessa a raccontarlo sul sito, creato qualche mese fa da Maximiliano Ulivieri, LoveAbility.it. Come lei ci sono Michela, Irene, Miss T e tanti altri. Disabili – dati dell’Istat indicano che oggi in Italia sono circa due milioni e 800mila di cui 960mila uomini e 1 milione 864mila donne – che, pur faticando, cercano di vivere normalmente la loro affettività e sessualità. Un argomento ancora tabù. “Il nostro contesto culturale, che dà così tanto peso all’apparenza, alla perfezione fisica, non aiuta – spiega Ulivieri – Ma il semplice fatto che una persona sia costretta su una sedia a rotelle non vuol dire che non possa avere una vita relazionale come tutti gli altri”. Già. Come confermato qualche settimana fa al Forum europeo sulla disabilità di Madrid, i disabili possono avere una vita normale in tutto e per tutto. Anche dal punto di vista sessuale. “Le difficoltà fisiche non contano e comunque sono superabili”, aggiunge ancora Ulivieri.

Del tema si è occupato anche Adriano Silanus, regista di “Sesso, amore, disabilità”, un viaggio lungo 9 mila chilometri lungo tutta la Penisola alla ricerca di testimonianze per dimostrare che disabilità e sesso possono convivere. “Certo – conferma Silanus – Ed è necessario parlarne. Sono ancora troppe le persone che non hanno voce”.

Soprattutto le donne. Spesso sono proprio loro ad avere le difficoltà maggiori. “Perché, quasi per natura gli uomini sono più portati a badare all’aspetto fisico delle loro partner”, spiega Ulivieri. Ma i problemi vanno al di là del semplice approccio con l’altro sesso. Anche sdraiarsi sul lettino del ginecologo per una visita di controllo, un’ecografia o per effettuare il pap test può rappresentare un ostacolo per chi ha problemi motori . In Italia sono ancora pochissime le strutture attrezzate con ambulatori ginecologici e ostetrici appositamente destinati.

Una si trova a Roma. E’ il consultorio familiare diocesano “Al Quadraro”: aperto dal 2004, quattro giorni la settimana, ogni anno si prende cura gratuitamente di 70 pazienti fornendo anche aiuto psicologico. L’altra è a Torino, all’ospedale Sant’Anna. Qui, grazie anche alla battaglia di Marina Cometto, madre di una ragazza affetta da sindrome di Rett, dal 2007 è attivo una volta al mese un ambulatorio ginecologico per donne con disabilità sia fisiche sia psichiche. E’ attrezzato con strumenti specifici per facilitare le visite, lettini ad altezza regolabile e sollevatori, e tutte le barriere architettoniche sono state eliminate per consentire l’accesso alle pazienti su sedia a rotelle. Ma non è tutto. “Il personale ha seguito un corso di formazione con fisioterapisti per imparare a gestire nel modo giusto le diverse situazioni”, spiega la dottoressa Elsa Viora. Che, insieme con la collega Paola Castagna, ha seguito il progetto fin dall’inizio: dai venti casi all’anno del 2007 ai 44 del 2008 fino ai 140 di oggi, tra cui anche quattro gravidanze. Numeri in costante aumento, tanto che sarebbe auspicabile l’attivazione di altri ambulatori analoghi. “Ormai non ce la facciamo più a gestire tutte le richieste”, conferma Viora. Quella del Sant’Anna è una struttura unica nel suo genere in Piemonte. Sempre qui, a Torino, è prevista l’apertura di una struttura in cui anche le donne disabili potranno fare il pap test nell’ambito del programma di prevenzione “Serena” della Regione.

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