“Ho sparato alcuni colpi verso un campo e non mi sono assolutamente accorto di aver centrato quell’auto”. Avrebbe ammesso le sue responsabilità l’assicuratore 50enne, incensurato, portato in carcere al Bassone di Como nella serata di ieri dopo tre ore di interrogatorio nell’ambito delle indagini sul ferimento della piccola, 10 anni, avvenuta poco prima della mezzanotte di giovedì scorso durante i festeggiamenti per la vittoria dell’Italia alla semifinale degli Europei di calcio. Nell’abitazione dell’uomo, che risiede poco lontano dal luogo dell’episodio, i carabinieri hanno trovato diverse armi: sette tra pistole e fucili, tutti con regolari permessi rilasciati dalla Questura di Como. In casa c’erano 13 armi fra pistole, fucili e la carabina calibro 22 utilizzata giovedì scorso, un vero arsenale. E’ stato proprio vagliando i detentori di tali permessi residenti nella zona di Monte Olimpino che gli investigatori coordinati dal pm Mariano Fadda della Procura di Como, sono risaliti all’assicuratore che ora deve rispondere di tentato omicidio.

Il cinquantenne abita in via Canova, una traversa di via Bellinzona che si affaccia su una via parallela al luogo in cui la bimba, a bordo di un’auto con i genitori, era stata colpita. Da quanto è stato possibile ricostruire l’uomo dopo le 23.30 di giovedì era uscito sul balcone di casa e aveva sparato per festeggiare, utilizzando una delle pistole regolarmente dichiarate. Il balcone si trova a un centinaio di metri in linea d’aria dal punto in cui transitava la Volkswagen con a bordo la famigliola di Ponte Chiasso. La bambina, ferita alla spalla, è stata nel frattempo operata l’altro ieri ed è stata dichiarata fuori pericolo.

E’ stata una vera lotta contro il tempo quella condotta dagli inquirenti e dagli investigatori di Como. Il timore era che questa sera in caso di eventuale vittoria l’uomo potesse ripetere il folle gesto. Il fermato, L.Z., è un impiegato 50enne di Como. Il 50enne ha dichiarato in un primo momento di aver mirato verso la montagnola di fronte alla propria abitazione, poi ha ammesso le proprie responsabilità, dichiarando di aver abbassato il tiro verso un palo della segnaletica stradale, proprio a pochissima distanza dalla folla festante, solo al fine di mettere alla prova la propria mira e di fatto rischiando di compiere una strage, visto che a quella notevole distanza, circa 150 metri, anche il più esperto dei tiratori avrebbe difficoltà a centrare un bersaglio così piccolo. Gli uomini del colonnello Giovanni Inghilleri erano giunti subito a una lista di sospettati, passando al setaccio tutti gli abitanti del quartiere in possesso di regolare porto d’armi. Ma è stata la fedele ricostruzione della scena del crimine, utilizzando un laser pointer, cioè un dispositivo di puntamento al laser, a permettere di localizzare con un margine di errore ridottissimo l’abitazione dalla quale è partito il colpo in questione. Fondamentale la testimonianza dei genitori della piccola, grazie alla quale sono stati individuate le esatte posizioni. Al termine dell’interrogatorio l’uomo è stato accompagnato al Bassone di Como. Sia le armi (legalmente detenute) che le munizioni (risultate invece in numero enormemente superiore a quello previsto) sono state poste sotto sequestro. L’indagato pare si esercitasse con una certa frequenza sparando direttamente dalla propria abitazione, trasformata in un poligono di tiro con tanto di bersagli artigianali messi vicino al balcone. 

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