“Chi non può vedere un altro mondo è cieco”. Questa la frase che accoglie i clienti che, passeggiando vicino al Canal Saint Martin di Parigi, approdano alla bottega Ethicando, un concept store che vende prodotti made in social, fatti da circa 15 cooperative italiane. È una bottega, tra negozi e bistrot di artisti, una vetrina luminosa e poi sedie e tavolini e la promessa di un buon caffè. Le proprietarie, due italiane: Ludovica Guerreri e Caterina Avanza, rispettivamente romana e bresciana d’origine, ma parigine d’azione. Sono le parole ad accogliere i visitatori: “caffè, pasta, Italia”, parole scritte a pennarello bianco e in bella vista sulla vetrina che si affaccia su Rue de la Grange aux Belles, al civico 6. E poi “mafia”, naturalmente. Parole che in Francia vogliono dire tante cose e che bene o male attirano i passanti. È il cliché dell’italiano all’estero, anche se questa volta lo scopo è il riscatto.


video di Davide Leggio e Maria Letizia Perugini

“Era un progetto – spiega Caterina – che avevamo in testa da tanto tempo e per realizzarlo, ma soprattutto realizzarlo come volevamo noi, abbiamo faticato”. Trovare un locale, un affitto non troppo caro, firmare le carte, lottare contro burocrazia e ostacoli, pregiudizi, ma soprattutto cercare i prodotti da vendere. “Volevamo fare una bottega che fosse Made in Social – continua Caterina – ma che al tempo stesso lanciasse un messaggio ben preciso: vogliamo la qualità. La qualità in questo negozio è fondamentale: non si comprano i prodotti solo per aiutare chi ha bisogno, che sia il ragazzo che lavora in carcere o la donna con problemi psichici o le cooperative che lavorano in terre confiscate alla mafia: lo si compra perché è buono e spesso è pure migliore degli altri. Per questo abbiamo girato l’Italia alla ricerca di prodotti, ma soprattutto di progetti di qualità”. Una qualità che restituisca dignità al produttore, al venditore e anche al consumatore, seguendo un’etica dell’acquisto che è il cavallo di battaglia di Ethicando. “Sì è vero – aggiunge Ludovica – i clienti all’inizio entrano e ci guardano un po’ con lo sguardo estraniato con cui si possono guardare i poveri italiani sconfitti dalla mafia, ma con i nostri prodotti e le storie soprattutto che si portano dietro, riusciamo a fargli capire che la nostra è una battaglia comune. La mafia e i problemi che ci sono in Italia, ci sono anche in Francia e dalla lotta alla criminalità può venir fuori qualcosa di buono, anche semplicemente comprando una passata al pomodoro”.

Ed è così, che una piccola bottega di prodotti italiani, si ritrova a fare lezione di produzione “social” ai francesi, il popolo dai tanti problemi sotto il tappeto. Ludovica e Caterina, esportano prodotti, ma prima ancora esportano storie e racconti ed esempi da seguire. Tre i tipi di produttori che sono esposti nel negozio Ethicando. In primo piano i prodotti di Libera e Consorzio Goel: taralli, pasta, passata di pomodoro, vino, direttamente da terre confiscate alla mafia. “I francesi sono sopresi – dice Ludovica – ogni volta che ne parliamo, perché loro non hanno una legge avanzata come la nostra, non sanno che dai territori che vengono sfruttati dalla criminalità potrebbero nascere cose positive e non sanno quanto è importante il lavoro sulla terra dopo la confisca”. Poi è la volta dei prodotti di cooperative che si occupano di inserimento dei detenuti: dal carcere di Rebibbia a Roma vengono le borse di “Ora d’aria”, fatte con materiali di recupero di banner pubblicitari nella sezione femminile, oppure le magliette di “Made in jail” nella sezione maschile. “In Francia – dice Caterina – non è possibile pensare a questo tipo di lavoro dentro i centri di detenzione. Spesso facciamo fatica a spiegare ai clienti che i detenuti non sono sfruttati, ma che c’è un preciso progetto di recupero e assistenza. Addirittura alcune delle borse qui esposte vengono fatte da donne del carcere di Torino, il gruppo “Malefatte”, che fanno corsi alle signore dell’alta borghesia cittadina. Dietro c’è anche un progetto di crescita dell’autostima molto importante”. L’ultima serie di prodotti invece, riguarda le cooperative che lavorano con i malati psichiatrici, per esempio i gioielli di Uroburo o le T-Shirts di L180.it.

Insomma, Caterina e Ludovica sono due cantastorie, donne dallo spirito forte che a Parigi hanno lanciato un’idea, un progetto, un sogno, ma che parlano il linguaggio delle azioni concrete. Oltre al negozio, Ethicando è anche un piccolo bistrot all’italiana con caffè, cappuccini e crostate fatte a mano. Bruschette e pappa al pomodoro i piatti più richiesti, e là dove i prodotti non vengono dalle cooperative, i fornitori sono solo ed esclusivamente piccoli produttori che lavorano sul territorio italiano. Da Ethicando tutto è made in social, anche le sedie, i tavoli e la libreria, costruiti apposta per l’evento dalla cooperativa Ferro e Fuoco del carcere di Fossano, Cuneo. “Sì abbiamo anche una libreria,” ha concluso Caterina, “perché vogliamo che questo posto sia un punto di incontro, un luogo dove scambiare idee ed opinioni, dove crescere. Per questo abbiamo un fitto calendario di iniziative culturali. Il 23 giugno scorso ad esempio, abbiamo avuto l’onore di ospitare Ettore Scola e la prima tappa europea di Cinemovel, il progetto che porta il cinema in terre confiscate alla mafia o nei territori dimenticati di Italia. Abbiamo proiettato il film “Placido Rizzotto” di Pasquale Scimeca riempiendo una piazza del centro ed è stata una bella soddisfazione”. 

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