Le dichiarazioni restano vaghe, ambigue, prudenti. Ma le poche parole pronunciate in una rapida conferenza stampa da Angela Merkel e da François Hollande, prima del loro incontro a Parigi mercoledì sera, fanno pensare a una certa disponibilità di entrambi, alla guida delle due maggiori economie dell’eurozona, a trattare e a trovare qualche soluzione concreta all’infinita crisi della moneta unica. Intanto, allo stesso momento, da Bruxelles, Mario Monti, a sorpresa, è passato all’attacco: se l’Europa non varerà un meccanismo anti-spread, ha minacciato, l’Italia non sosterrà la Tobin tax, la tassa sulle transazioni finanziarie, alla quale tiene così tanto la cancelliera tedesca, “regalino” da lei promesso all’Spd, l’opposizione di sinistra in Germania.

“Dobbiamo approfondire l’Europa economica e monetaria, domani politica”, ha detto il Presidente francese, venendo incontro (apparentemente) alle reiterate richieste di Berlino di un più forte controllo centralizzato nella Ue, sulla gestione dei bilanci pubblici come a livello politico. Insomma, Hollande sembra pronto a nuove rinunce alla sovranità nazionale, una strada che la Francia ha sempre esitato a imboccare. Una prospettiva, invece, che è stata invocata costantemente da Berlino. “Siamo alla vigilia di un Consiglio europeo importante e abbiamo lavorato bene: ci sono stati dei progressi, soprattutto sulla crescita”, ha detto la cancelliera tedesca. Per poi aggiungere: “Ci vuole più Europa, un’Europa che funzioni. E un’Europa dove gli Stati si aiutino gli uni gli altri”. Anche in queste parole, in contrasto con altre dichiarazioni degli ultimi giorni, molto più dure e pessimistiche, sembra emergere la volontà ad andare incontro alle esigenze di Hollande e di Italia e Spagna con lui: pensare anche agli stimoli alla crescita e non solo al rigore nei budget. E poi in quell’aiutarsi “gli uni gli altri”, il richiamo a una possibile solidarietà finanziaria.

Alle parole seguiranno i fatti? Per il momento i due si sono lasciati, alla fine della cena, con sorrisi e una vigorosa stretta di mano (finiti i baci fra Nicolas Sarkozy e la Merkel). Nessuna nuova dichiarazione. La risposta alla domanda cruciale verrà alla fine del vertice europeo che inizia domani a Bruxelles e alla cui preparazione è servita la cena franco-tedesca di mercoledì sera. Sulla crescita, in effetti, come ha detto la Merkel, “si è lavorato bene” e si dovrebbe arrivare all’approvazione di un patto da 120 miliardi di euro. Andrebbe a integrare il fiscal compact, ovvero l’accordo che impone gli obblighi di pareggio di bilancio, fortemente voluto dai tedeschi. Se si vuole, il Patto per la crescita rappresenterebbe una prima vittoria di Hollande, anche se i suoi effetti sull’economia dell’Europa saranno in realtà limitati, senza contare che la metà di quel budget è costituito da fondi strutturali già stanziati da Bruxelles, utilizzati semplicemente in maniera diversa.

Per il resto, cosa significa quell’aiutarsi “gli uni gli altri” invocato dalla Merkel? Che al summit di Bruxelles si varino i controversi eurobond, titoli di Stato emessi a livello di tutta l’eurozona, appare ormai come pura fantascienza. Resta la possibilità invece, che venga promosso uno scudo anti-spread: insomma, poter attingere al fondo salva-Stati (Esfs) per sostenere i Paesi più in difficoltà, ma virtuosi, che stanno rimettendo in sesto i loro conti pubblici, come l’Italia e la Spagna. E’ la grande battaglia di Mario Monti, che trova l’appoggio di Hollande. Ma non è sicuro, per niente sicuro che la teutonica cancelliera ceda su questo versante. Intanto Monti, che è arrivato a Bruxelles un giorno prima dell’inizio del summit, è partito all’attacco sul meccanismo anti-spread. Se non sarà varato, lui dirà di no alla Tobin tax, che, invece, serve tanto alla Merkel per gli equilibri interni alla Germania, in una fase pre-elettorale assai difficile per la cancelliera. La Merkel a questo punto si convincerà?

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