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Formigoni, il nuovo Solzenicyn

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In conferenza stampa il governatore lombardo Roberto Formigoni paragona (“simpaticamente”, dice lui) il Fatto Quotidiano alle Izvestia e la Repubblica alla Pravda; cioè gli organi di stampa ufficiali del fu regime sovietico. Diamogliene atto: messaggio abilmente confezionato; in quanto rivolto a un pubblico cronicamente perseguitato da fantasmi fuori tempo massimo, perché indotto a credere nel pericolo tuttora incombente del solito arrivo dei cosacchi in San Pietro (cavallo di battaglia dei “microfoni di dio” Gedda e padre Lombardi oltre mezzo secolo fa): la minaccia ansiogena, in quanto percepita reale, per una libertà identificata nel portafogli e nel fancazzismo.

Resta ancora da capire, in siffatta narrazione pittoresca, la parte che il martire del Pirellone avrebbe ritagliato per se stesso: quella di Aleksander Solzenicyn, Daniel e Sinjavskij o un altro deportato nel Gulag staliniano?

Le damazze in SUV e gli esuli del Billionaire, chiuso a seguito di una congiura concertata tra la nomenklatura PCUSS e quel comunista di Obama, solidarizzeranno con il caro perseguitato politico. Il cui destino prefigura l’avvento della dittatura delle procure e del giornalismo d’inchiesta, campo d’azione di noti commissari politici. Il bieco totalitarismo de “la legge è uguale per tutti”.

Risulta evidente che l’intera manovra ha un mandante: il Regime (con “r” maiuscola), che Formigoni combatte con assoluta fermezza da svariati lustri, imbullonato alla somma poltrona di Regione Lombardia e circondato da un manipolo di prodi frati templari, consacrati allo smascheramento dei più loschi affari dell’establishment. Dunque, le malefatte di tutti quelli che hanno l’improntitudine di campare sul finanziamento pubblico, il cui più chiaro e vergognoso esempio è l’organo – appunto – di regime diretto da Antonio Padellaro. L’esatto opposto della virtuosa sanità lombarda; affidata a privati benefattori che non sanno che farsene dei ticket e se ti ricoverano ambulatorialmente per un’unghia incarnita ti fanno pure il di più di asportarti una cornea o la cistifellea.

Quel Fatto Quotidiano scritto in cirillico notoriamente foraggiato dallo Stato. Non come la stampa clandestina che sostiene, con la flebile quanto eroica voce del samizdat autofinanziato, il Governatore lombardo: Libero, il Giornale, ecc.
Il mistico lariano noto come “Roberto il Celeste”, forte della più francescana delle modestie, esente dalla benché minima tentazione di tracotanza e spregiatore di qualsivoglia tono mellifluo, non indietreggia neppure innanzi alle evidenze da positivista laicista, tipo nota spese (qualche anima persa e in malafede rinomina l’ipotesi di un suo arretramento con la sacrilega parola “dimissioni”).

Non lo fa perché illuminato dalla Fede. Quella Fede declinata nell’assoluto disinteresse, nel rifiuto dalle lusinghe materiali, che gli inarca il labbro in un sorriso “simpaticamente” da iena dei Carabi innanzi agli attacchi più immotivati e proditorii. La Fede che lo sorreggerà anche nell’estrema prova, che lui stesso prefigura, sempre “simpaticamente”: l’essere recluso dai Soviet in un nuovo Gulag.

Magari allestito in qualche miserevole e per nulla accogliente resort della caraibica Antigua.

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