La procura di Bologna ha disposto l’acquisizione delle immagini captate da un satellite ad uso commerciale che ogni ventotto giorni passa sopra Ripoli, il paesino minacciato dalla frana riattivata dai lavori della Variante di valico. Le immagini serviranno a verificare i movimenti del terreno e delle frane che minacciano l’abitato e la prosecuzione dei lavori del cantiere sull’appennino tra Bologna e Firenze.

Il pubblico ministero Morena Plazzi è inoltre in attesa delle perizie dei suoi tre consulenti, tecnici esperti che stanno valutando diversi aspetti sulla Variante, e di quelli nominati dalle parti offese. Il deposito delle perizie però, a causa dell’acquisizione delle immagini dallo spazio, è ora prorogato.

Le indagini, condotte dai carabinieri e coordinate dal pm Plazzi, continuano ora con l’acquisizione delle fotografie prese dal satellite che ogni ventotto giorni passa sopra l’abitato di Ripoli. La procura indaga ancora contro ignoti per i reati di frana e delitto colposo di danno per le frane che già hanno interessato alcune comunità e le crepe che si sono aperte nella montagna, ed il lavoro dei consulenti nominati dal pm e dalle parti offese servirà a chiarire tecnicamente la situazione, che mette a rischio cittadini e lavoratori. Elementi che potrebbero portare ad eventuali iscrizioni sul registro degli indagati o anche all’accoglimento della richiesta che i ripolesi avanzano da mesi: fermare i lavori.

quesiti per la perizia,  che il pubblico ministero potrà valutare, sono numerosi e complessi. La procura ha chiesto di definire “le condizioni di stabilità della galleria” in costruzione. Nel caso, poi, in cui dovessero essere attivi dei movimenti del pendio sopra il cantiere, o dell’opera stessa di individuare “le possibili cause e la loro evoluzione nel tempo”.

Inoltre, i pm chiedono di verificare se “ad oggi siano stati segnalati danni a manufatti ed opere infrastrutturali presenti”, accertando se questi derivino o meno dai lavori dei cantieri per l’opera. Domandano poi di verificare se si è mai “considerata la presenza di frane di versante lungo il tracciato e se sono state considerate le potenziali interferenze tra la realizzazione dell’opera e la stabilità delle frane”. La procura poi vuole capire se il progetto esecutivo avesse previsto e valutato eventuali effetti dello scavo, in particolare “mobilizzazione di corpi di frana quiescenti. Nel caso il progetto esecutivo ne abbia tenuto conto, i consulenti dicano se le previsioni sono congruenti con i fenomeni di stabilità in atto”.

L’obiettivo degli inquirenti è di capire se ci sono delle responsabilità nella situazione franosa e delicata che si è venuta a creare sull’appennino tra Bologna e Firenze. Ad oggi il fascicolo è contro ignoti, ma non è escluso che in seguito alla realizzazione delle consulenze possano esserci degli iscritti nel registro degli indagati.

Negli altri quesiti posti dai magistrati si domanda di indicare se le modalità di realizzazione dell’opera sono conformi al progetto. E ancora di dire se “le previsioni geologiche, idrogeologiche e geotecniche hanno trovato riscontro durante lo scavo dell’opera e, in caso contrario, i consulenti stabiliscano il grado di correlazione tra le difformità riscontrate ed i processi di instabilità”.

E poi, nel caso in cui i consulenti dovessero ritenere esistenti movimenti franosi anche causati dalla realizzazione della galleria, i pm chiedono di valutare eventuali soluzioni atte a limitarne le conseguenze. Valutando, inoltre, la velocità di scorrimento della frana, “tenendo presente la peculiarità dell’opera realizzata in doppia galleria”.

L’accertamento dei consulenti tecnici della procura e delle parti offese servirà a capire se in fase di progettazione gli eventuali danni conseguenti ai lavori fossero stati presi in considerazione o fossero prevedibili. Ma soprattutto sarà utile a comprendere se esistano o meno azioni utili per far cessare la lenta e pericolosa frana, o almeno a limitarne le conseguenze. Tutti elementi che ora la procura attende dai consulenti.

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