Colpito e affondato. L’amministratore delegato delle Assicurazioni Generali Giovanni Perissinotto esce dall’odierno consiglio d’amministrazione con una lettera di licenziamento che lo esautora immediatamente da tutti i poteri, sia quelli in cda sia di quelli da direttore generale. Le sue deleghe sono state prese momentaneamente dal presidente Gabriele Galateri di Genola in attesa di cooptare il successore del manager bruciato, ovvero il napoletano Mario Greco, attualmente numero due della compagnia svizzera Zurich. Greco, che in passato ha guidato la compagnia triestina Ras, torna in Italia dalla porta principale, sulla vetta più alta del sistema assicurativo.

Nella foga di impallinare Perissinotto i consiglieri del ribaltone hanno lasciato sul terreno anche Diego Della Valle, che ha annunciato le sue dimissioni dal cda della società triestina per il prossimo lunedì. L’industriale delle Tod’s era dato tra i pochi difensori dello status quo in consiglio, e nel sostenere la linea poi perdente ha preferito mollare il colpo in toto. Ma la cosa non deve stupire. Della Valle aveva aspramente criticato l’amministratore delegato di Mediobanca – Alberto Nagel – in relazione alla gestione fallimentare di Rcs Mediagroup non ricavandone molto, dato che era poi uscito anche dal patto di sindacato della società che edita il Corriere della Sera, di cui ha il 5,4%. Per lui è una seconda sconfitta e un altro ritiro dalla galassia Mediobanca.

Non si conoscono con precisione i voti a favore della defenestrazione dell’ormai ex amministratore, ma la prima sommaria conta parla di 10,di 5 contrari e un astenuto, Angelo Miglietta, ex direttore di Fondazione Crt in quota Ferak-Effeti. Insieme a quelli di Mediobanca dovrebbero essere andati a segno anche quelli di Caltagirone (2,26 per cento delle azioni Generali) e di Leonardo Del Vecchio che ieri aveva avuto parole di fuoco per l’ex ad: “Ho letto con grande stupore ed amarezza la lettera di Giovanni Perissinotto ai consiglieri di Generali che è stata resa pubblica dagli organi di stampa. Da essa traspare chiaramente che già da tempo l’attuale Ceo non è adeguato a gestire le Generali” ha affermato in una nota. Probabile pollice verso anche di Paolo Scaroni (ad di Eni) e di Vincent Bollorè capo dei soci francesi di Mediobanca, oltre che dei consiglieri considdetti indipendenti, che dovrebbero in teoria vigilare sul corretto funzionamento del cda per gli azionisti di minoranza.

Ma proprio dai piccoli azionisti, forse, potrebbe venire un’ancora di salvataggio per l’ex ad: l’articolo 2381 del codice civile dice infatti che il ritiro delle deleghe all’amministratore dovrà essere motivato adeguatamente onde non essere successivamente oggetto di possibili iniziative legali e/o impugnazioni da parte degli azionisti di minoranza. Si vedrà.

Perchè è stato defenestrato? Non si conoscono con precisione i contenuti delle accuse mosse al manager. Sembra – lo ha detto lui stesso in una lettera di fuoco al cda ieri- che paghi la sua vicinanza alla finanziaria Palladio che si oppone alla vendita di Fondiaria Sai a Unipol, orchestrata da Mediobanca grande creditrice dei Ligresti. Del Vecchio ha parlato di scarsi risultati operativi che hanno portato il titolo su livelli oggettivamente da saldi di fine stagione (sotto i 9 euro per azione) e in effetti la performance dei titoli in borsa è chiaramente negativa negli ultimi anni. Il patron di Luxottica, così come tanti altri soci a partire da Ferak – Effeti, DeAgostini che anni fa vendette proprio a Generali (Perissinotto a.d.) la Toro assicurazioni e adesso sembra aver votato a favore della cacciata, stanno avendo pesanti minusvalenze da questo investimento. Da qui la necessità di dare una svolta. Ma non bisogna dimenticare anche le minusvalenze nel bilancio Generali derivanti dall’investimento in Telco, la controllata di Telecom Italia anch’essa ai minimi storici come quotazione. Quell’investimento, assolutamente fuori dai canoni di un’assicurazione pur di livello mondiale come Generali, fu voluto da Mediobanca che scaricò sul Leone di Trieste un fardello rivelatosi ora molto costoso.

In Veneto c’è anche chi parla delle eccessive vicinanze e degli “affarucci” di Perissinotto con personaggi chiaccherati come Enrico Marchi, proprietario dell’Aeroporto San Marco di Venezia e socio in alcuni fondi hedge proprio di Generali, alla stregua di quanto fatto con Palladio. O la costosa joint venture con il finanziere ceco Petr Kellner (anch’esso in cda e a favore di Perissinotto), che costerà alla compagnia triestina 2,5 miliardi di euro nel 2014, quando sarà costretta a rilevare la totalità delle azioni. Insomma un sottobosco di intrecci al limite del personale che non sarebbe più piaciuto ai maggiorenti in cda. Ma proprio questo mette in luce alcuni dubbi sui quali gli azionisti di minoranza proprio da domani dovrebbero vigilare. Non è, infatti, che smontato il presunto “sistema Perissinotto” ne nasca un altro a favore proprio di quelli che lo hanno cacciato, in barba alla richiesta di una vera politica industriale e strategica che fino ad esso sembra essere mancata al maggiore forziere finanziario italiano? Quando si aprirà il necessario capitolo cessioni, con la banca svizzera Bsi che dovrebbe essere la prima ad essere alienata, si capirà di più.

 

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