Brindisi – Non solo la pista del maniaco. I magistrati all’inizio delle loro indagini hanno battuto anche piste diverse, che partono da Brindisi ma portano molto lontano. Per esempio, nella mattinata di sabato, il giorno dell’esplosione delle bombe davanti l’istituto Morvillo-Falcone, la polizia ha eseguito una perquisizione all’interno dell’abitazione brindisina dell’editore ‘nero’ Franco Freda. L’ideologo dell’estremismo di destra, del resto, pur essendo originario di Padova, ha una casa nel capoluogo adriatico. La perquisizione viene spiegata come un atto di routine nelle immediatezze del fatto, quando gli investigatori si muovevano al buio e non avevano ancora acquisito il video con il volto dell’attentatore che è per ora l’unico punto fermo dell’inchiesta. La perquisizione ha avuto esito negativo e ovviamente Franco Freda, che peraltro ha smentito la circostanza della perquisizione a Il Giornale, non è indagato. La circostanza della perquisizione è interessante perché spiega cosa gli investigatori stessero cercando nelle prime ore prima di virare verso la pista del “lupo solitario”.

Nelle ore successive al ritrovamento del video delle telecamere di sorveglianza del chiosco antistante la scuola, infatti, le attenzioni degli inquirenti si sono concentrate sulla pista del gesto isolato di un folle: escluse, quindi, le ipotesi di un disegno stragista legato ad un ritorno della strategia della tensione di matrice politica o all’azione della criminalità organizzata per dare un messaggio allo Stato in vista di una nuova trattativa dopo quella del 1992-1994, della quale si stanno occupando i magistrati di Palermo. Nelle ultime ore, dopo il buco nell’acqua dei riconoscimenti dell’ex militare (che alla Gazzetta del Mezzogiorno ha ammesso di conoscere Freda) e dell’esperto di elettronica (entrambi risultati innocenti), gli investigatori sono tornati a battere tutte le piste e a non escludere nulla. Neanche l’ipotesi di un killer venuto da fuori Brindisi e con un movente ben diverso dall’impulso omicida di un pazzo. La sensazione è che non ci sia ancora una pista prevalente.

Ci sarebbe un nuovo sospettato. L’indiscrezione è filtrata nella tarda serata di ieri. L’indagine è ripresa con un nuovo uomo nel mirino, dopo il fallimento dello “scatto di reni”, operato nelle prime 48 ore con la pubblicazione del video. Le immagini del presunto killer, però, non hanno ancora portato alla sua individuazione. Lo scenario più temuto: che l’uomo inquadrato dalle telecamere non sia di Brindisi. Si dice negli ambienti investigativi: potrebbe non essere pugliese. La soluzione è lontana, quindi, anche perché neanche le bombole di gas, utilizzate per costruire l’ordigno, pare non siano state acquistate sul posto.

Un dato difficile da verificare, peraltro, in una città dove sono spesso vendute “usate” in una sorta di mercato nero. A niente è servito, almeno finora, mostrare i fotogrammi del presunto killer ai rivenditori delle bombole di gas: nessuno l’ha riconosciuto tra i propri acquirenti. Ci hanno provato ieri, dopo una prima ondata di domande, già rivolte nei giorni scorsi. Si riparte da altre testimonianze. Quelle sul luogo dell’esplosione. Dai sopralluoghi. Dalle supposizioni: è difficile che abbia agito da solo. E soprattutto: si riparte dalla scuola. Il pm Milto De Nozza e il capo dello Sco Gilberto Caldarozzi, in mattinata, dopo l’ennesimo vertice in questura, tornano davanti all’ingresso della Morvillo Falcone, per valutare la scena dell’attentato così come, pochi minuti prima dell’esplosione, doveva presentarsi all’attentatore.

E si torna a valutare che la scuola – nel suo nome simbolico, oppure per altri motivi, legati alle studentesse – possa essere il vero obiettivo dell’attentato. Anzi: è proprio da lì che si riparte. E’ la scuola, in questo momento, il simbolo da decrittare per comprendere il movente dell’assassino. Che non ha agito da solo: questa è la convinzione che, ora dopo ora, si fa sempre più largo tra gli inquirenti. Un lancio di agenzia, ieri sera, descrive la presenza di altre immagini interessanti, nelle quali s’intravede un’ombra, che potrebbe essere quella dell’uomo che ha premuto il telecomando, ma anche quella di un’altra persona. Da quando il coordinamento delle indagini è passato alla Dda di Lecce, guidata dal procuratore Cataldo Motta, l’ipotesi del gesto ‘isolato’ perde sempre più consistenza.

Dopo lo “scontro tra procure” – parecchio legato alla decisione di diffondere le immagini del video – salgono le quotazioni della strage mafiosa e o dell’attentato di matrice terroristica. Ieri sono stati interrogati cinque insegnanti. E restano fondamentali le parole di due compagne di Melissa che, nei giorni precedenti l’esplosione, dicono d’aver visto un signore nel piazzale antistante la scuola: somiglierebbe parecchio all’uomo del video. Un video che resta agghiacciante. Il signore di mezza età si nasconde dietro il chiosco, pochi istanti prima del botto, dove resta per una settantina di secondi nei quali la videocamera trema due volte per lo spostamento d’aria. Dopo s’allontana, senza scappare, ma camminando con passo svelto e deciso, con un’espressione che pare di assoluta normalità. Come se fosse abituato a uccidere. Come se quella scena, con il suo contesto di urla, sangue e dolore, non gli appartenesse. In più, l’elemento filtra come ipotesi investigativa, sembra che l’uomo volesse colpire proprio quell’obiettivo, tanto che l’innesco volumetrico viene attivato e poi disattivato prima di fare esplodere le bombole proprio al passaggio di Melissa e delle amiche.

Non è claudicante, però, come si sosteneva nelle prime ore. E neanche il braccio mostra segni di disabilità. Elementi che hanno scagionato il primo indiziato, l’uomo interrogato due giorni fa e poi rilasciato. Resta il fatto che la diffusione del video ha segnato in negativo questa prima parte delle indagini: il “colpo di fortuna” non è stato sfruttato appieno. La sua diffusione – dati i risultati – s’è dimostrata un boomerang: poteva spingere qualcuno a fare delle segnalazioni, poteva essere utile a mettere in difficoltà l’attentatore e i suoi complici, ma, in concreto, ha prodotto un solo risultato: ora il killer – consapevole di non essere stato riconosciuto – conosce la prima, vera prova in mano agli inquirenti. E così si ritorna a scandagliare le testimonianze, ad analizzare reperti raccolti, a perfezionare “l’identikit” dell’ordigno. Potrebbe essere stato utilizzato un congegno doppio, capace di bloccare l’attivazione dell’innesco volumetrico, che ha agito allo spostamento d’aria provocato dalle prime ragazze arrivate davanti alla scuola. Ma è solo una supposizione.

Per il momento non ci sono elementi concreti, non ci sono reperti che provino l’esistenza di questo doppio congegno, anche in questo caso i tempi si allungano per la necessità dei riscontri tecnici. Si stanno scandagliando anche le registrazioni delle altre telecamere di sicurezza, disseminate nella zona vicina alla scuola, così come le celle dei ripetitori. E mentre le indagini continuano, gli studenti della Morvillo Falcone lanciano una manifestazione per sabato a Brindisi: “Finora nessuno si era mai permesso di toccare la scuola in questo modo – hanno scritto – con un atto che oltre ad essere assassino e criminale è vigliacco e vergognoso. Hanno spezzato i sogni di Melissa ma non spezzeranno mai i nostri. I sogni di Melissa diventeranno anche nostri”. All’appello hanno già aderito la Cgil, l’associazioni Libera, la Rete della Conoscenza e l’Arci.

di Marco Lillo e Antonio Massari

da Il Fatto Quotidiano del 23 maggio 2012. Aggiornato da redazione web alle 17.05

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