Dopo lo “spread” e la “moral suasion”, un nuovo must anglofono arricchisce le nostre conversazioni: “spending review”.
Review, rivista: evoca plotoni di soldati sull’attenti, sottoposti all’occhio pignolo del sergente maggiore. Spending: richiama il dilagante tasso di italiani (classe dirigente inclusa, tutti meno Monti) che non sa l’inglese”. Ma sei sicuro che si dice spending? Non è come dire ‘dear’ invece che ‘expensive’? Si dice proprio spending. Così, arrivati alla fine del mese, in debito di contanti e prima di ingrassare le banche andando in rosso (red?), possiamo invitare la famiglia ad uno “spending review day”: da domani basta ristoranti vacanze fiori. Tutti in bici per risparmiare benzina.
Niente stadio teatro cinema. Più mortadella che San Daniele, più spalla che Parmacotto. È la strage del superfluo, l’ascesi coatta del cittadino medio sottoposto a crisi economica. Hard? Niente paura, se partecipate al gioco “segnalate uno spreco” (point out a waste) sul sito del Governo Tecnico (technical killers gang) i soldi, prima o poi, ricominceranno a girare, le tasse scenderanno e potrete farvi una pizza almeno a Natale. Nell’attesa: don’t worry, be happy (come dice la canzone).
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