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Assange a pezzi

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“Il mondo di domani” di Julian Assange ha il sapore della polemica. Di fronte alla visione della prima della serie di interviste a personalità celebri che il fondatore di Wikileaks ha telematicamente incontrato dal suo rifugio-prigione in Inghilterra, il giornalista britannico Luke Harding spara a zero. Non solo e non tanto per un Assange guru della rete ma timido in video.  Ma soprattutto per l’opzione di affiancare alla diffusione online del programma anche quella attraverso l’emittente Russia Today, legata al Cremlino. Da questo discende, sostiene Harding, la scelta per l’intervista inaugurale di un personaggio altamente controverso, ma gradito a Mosca, come Hassan Nasrallah, fondatore del movimento palestinese – e non proprio moderato – Hezbollah.

Alla sua prima prova di questo genere, Assange non sembra tra l’altro dimostrare né particolare mordente né l’irriverenza che sarebbe dovuta al buon giornalista. Definisce Nashrallah un “combattente per la libertà” – di per sé non un reato -, come non lo è quello di non amare gli Usa, da cui Assange si sente perseguitato, e per diretta conseguenza neppure Israele.

Rimangono però un paio di domande. La prima è se la scelta di Nashrallah fosse davvero opportuna, anche da parte di chi legittimamente critica il comportamento di Isreale nei confronti del popolo palestinese. La seconda è se questo, come l’invito dei futuri ospiti, non sia in realtà dettata da un’agenda nascosta. In questo ci troviamo d’accordo l’analisi di Harding, espulso anni fa dalla Russia per le sue inchieste sulla corruzione e le complicità di Putin nel caso Litvinenko. Se, sostiene il giornalista britannico, si appare su Russia Today rimarranno sempre tabù i temi scottanti per Putin, in un Paese dove i giornalisti muoiono semplicemente perché fanno il loro dovere, e che nei cablo di Wikileaks era da tutti bollato come The Mafia State.

Ai tempi della condanna di Assange da parte delle autorità americane, Wikileaks aveva ricevuto un sorprendente plauso di Vladimir Putin. Mettiamola così: il fondatore di Wikileaks avrà pure bisogno di visibilità (e soldi) per portare avanti la sua causa. Ma da certe ombre, come quella del Cremlino, è comunque meglio stare lontani. Almeno se si vuole continuare a essere i paladini della libertà attraverso il web e non, come evoca Luke Harding, semplicemente un “utile idiota” di sovietica memoria.

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