Con tutto questo proliferare di sigle e acronimi si rischia a volte di fare confusione. E’ il caso di Acta, che può significare due cose, molte diverse se non del tutto contrapposte fra di loro… La prima, della quale dovrò occuparmi prima o poi, è l’importante e stimolante realtà associativa nata fra i professionisti del terziario avanzato, che pretendono giustamente una serie di garanzie in termini di diritti, un’iniziativa importante in un momento nel quale la retorica governativa e padronale tenta in ogni modo di spaccare il fronte dei lavoratori e di contrapporre giovani a vecchi, lavoratori a posto fisso e non, ecc. Mi riprometto di occuparmene prossimamente su questo blog. La seconda invece, è un progetto di Trattato fortemente lesivo delle libertà individuali. L’acronimo significa, in questo caso, Anti Counterfeiting Trade Agreeement, si tratterebbe cioè di una normativa volta a tutelare i diritti di proprietà intellettuale da atti di pirateria e simili.

Quando si parla di governi servi delle multinazionali o roba del genere si rischia a volta di passare per arcaici, stereotipati e divulgatori di luoghi comuni. Invece ci sono alcuni casi nei quali uno si convince che è proprio così. Guardate ad esempio questo trattato….

Non è un caso che i suoi negoziati siano avvolti dal massimo mistero e dall’impossibilità di ogni discussione democratica: negli Stati Uniti addirittura il suo contenuto è stato secretato da Obama per motivi di sicurezza nazionale, mentre in Europa al Parlamento europeo è stata negata ogni voce in merito.

Grazie alle nuove tecnologie la cultura, la musica, lo spettacolo, la scienza sono divenuti sempre più accessibili a un’ampia massa di persone, contribuendo all’elevazione del livello culturale medio,alla circolazione delle idee e alla reciproca comprensione. Per non parlare del ruolo positivo svolto da Internet e dai social network come mezzi per la promozione di una nuova identità democratica, come si è visto chiaramente in Egitto e in Tunisia. Il Trattato Acta vuole frenare tutto ciò, o comunque subordinarlo ai gretti interessi di bottega delle multinazionali operanti nel settore culturale, in particolare cinema e musica. Ciò, fra l’altro, obbligando i provider a fornire i dati personali degli utenti a tali multinazionali in assenza di ogni garanzia giuridica e prevedendo addirittura sanzioni penali per chi scarica musica o film da internet.

L’utilità stessa della proprietà intellettuale come meccanismo di stimolo dell’innovazione viene sempre più messa in discussione. E’ riconosciuto del resto l’accesso a Internet come diritto umano e nel Rapporto delle Nazioni Unite in argomento pubblicato il 16 maggio 2011 è stato denunciato il rischio che il Trattato Acta metta a repentaglio la libertà d’espressione. L’argomento sarà affrontato, unitamente ad altri aspetti giuridici del fenomeno Internet,  nel libro che pubblicherò prossimamente in materia con Roberta Pisa.

La questione è oggetto di un movimento di portata internazionale e migliaia di persone sono scese in piazza in tutta Europa di recente per protestare contro questo Trattato, costringendo fra l’altro i governi di Polonia, Repubblica Ceca, Slovena e Bulgaria e probabilmente ora anche Germania e Olanda a non firmarlo. E il governo Monti che fa? C’è da temere che si muoverà sollecitamente verso la sua più totale e supina accettazione nel nome dei superiori interessi dell’economia internazionale, leggi società multinazionali, dimostrando così ancora una volta di essere uno scolaro modello dei poteri forti. Il livello del Parlamento italiano è del resto al riguardo talmente basso che era stato approvato all’unanimità in commissione politiche unione europea, con il parere favorevole del ministro competente Moavero, il famigerato emendamento Fava, proposto da un leghista, e che avrebbe comportato il soffocamento della libertà di espressione in rete,  emendamento poi fortunatamente soppresso dall’aula… Con un Parlamento e un governo del genere c’è poco da stare allegri… A meno che non si sviluppi un movimento adeguato anche nel nostro Paese… Notiamo che perfino “Futuro e liberta’” ha manifestato forti perplessità al riguardo. Ma nel frattempo, come denunciato da Gianfranco Mascia ed altri, si delineano nuove minacce alla libertà di espressione e di accesso alla rete. Come andrà a finire? Dipende anche e soprattutto da noi utenti del web, che non dobbiamo tollerare le intromissioni di una classe politica di incompetenti e servi sciocchi….

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