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Il danno e la beffa dei beni confiscati alla mafia

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Vi siete mai chiesti quanto ci costa confiscare un bene alla Mafia? Quanto ci costa custodirlo? Quanto ci costa assegnarlo?

Quando parlo di “costi”, non mi riferisco soltanto a quello economico, che ha una prevalenza maggiore nella questione, ma anche al “costo” in termini d’immagine. Mi spiego meglio: che figura ci fa lo Stato che confisca un bene e poi lo lascia al suo destino di degrado ed incuria? Cosa pensate che dicano i mafiosi, i loro familiari, i loro affiliati, la gente comune che sa che quel bene era di un mafioso e che ora è transitato tra i beni disponibili allo Stato e non viene usato? Cosa credete che pensino dello Stato quei dipendenti di aziende, attività commerciali, che vengono licenziati perché lo Stato non è in grado di far continuare quell’attività? L’idea che loro, da un lato, e noi, dall’altro, ci facciamo è che, quando quei beni erano nelle mani dei mafiosi, almeno erano produttivi e davano lavoro alla povera gente…

Qualcuno sospetta che questa paralisi sia astutamente causata, per poi fare delle leggi che, in maniera velata, facciano nuovamente rientrare in possesso la mafia di quei beni, per esempio attraverso la vendita e la messa all’asta degli stessi, alle quali potrebbero accedere dei prestanome.

Qualche mese fa, il prefetto di Palermo Umberto Postiglione ha dichiarato che si dovrebbero vendere i beni confiscati che non vengono utilizzati, allo scopo di “fare cassa” e che il ricavato dovrebbe essere utilizzato per opere di utilità sociale pubblica. Quella dichiarazione ha sollevato delle polemiche e paventato il rischio che, così facendo, si sarebbe fatto un regalo alle Mafie. La teoria del Prefetto, che è anche la mia, è la seguente: quando lo Stato confisca un bene, se entro un anno non si definisce la sua destinazione e chi lo deve gestire, lo stesso deve essere venduto per il suo valore commerciale. Poniamo il caso – che non è remoto – che un prestanome della mafia lo acquisti per farlo rientrare nella disponibilità dell’organizzazione: a quel punto noi lo sequestriamo nuovamente e si ricomincia. Potremmo continuare all’infinito, e certamente lo Stato ne avrebbe un guadagno, sia economico che d’immagine (sequestrare più volte lo stesso bene alla mafia…).

L’anno scorso il governo ha creato l’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla Criminalità Organizzata guidata da un prefetto, il suo compito è quello di centralizzare la gestione dei beni confiscati alla mafia. Peccato che poi questa agenzia non sia stata dotata di personale né di fondi e, a mio parere, non le sia stato dato il potere di revocare le assegnazioni dei beni agli enti locali inefficienti, gestendo direttamente il bene non assegnato.

Non so se questa sia la soluzione migliore, ma certamente la situazione non può restare quella attuale. Per fare una legge che consentisse il sequestro e la confisca dei beni alla mafia si sono immolati al sacrificio uomini e servitori dello Stato, politici con la P maiuscola. Lo Stato italiano e noi tutti abbiamo subito un danno a causa della loro scomparsa; non possiamo subire anche la beffa derivante dal rendere inutili le leggi che loro hanno fatto.

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