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Volete la rivoluzione? Diventate vegetariani

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C’è una gran voglia di rivoluzione.

Gli amici delle spranghe esultano ogni volta che scovano un sopruso. Gli amici delle spranghe hanno bisogno di qualcosa per cui protestare vibratamente, cioè vibrando sprangate. Quelle piazze che abbiamo abbandonato, perché troppo occupati a parcheggiare nei villaggi commerciali o fuori dai multiplex, si riempiono a vista d’occhio solo quando si tratta di divellere semafori o bruciare auto di media cilindrata che non possono permettersi un garage.

Agli amici delle spranghe cambiare il mondo sembra più semplice che cambiare se stessi. E forse lo è. Non voglia il destino che in Egitto si torni a praticare la lapidazione, ma è certo che le rivoluzioni prendono sempre una strada tortuosa. Anche quella talebana in Iran, è stata una rivoluzione, anche quella fascista in Italia è stata una rivoluzione, abbiamo però visto la china mesta che queste rivoluzioni hanno imboccato. E se c’è chi è ancora convinto che quella cubana non sia una dittatura, costui è mosso dalla paura di rinunciare alle proprie antiche convinzioni.

Si pensa sempre che occorra un grande evento decisionale per invertire le rotte, per prendere nuove direzioni. La politica degli ultimi 40 anni da noi ha pensato che nuove e contraddittorie leggi possono cambiare una situazione sclerotizzata. Prendiamo l’energia, l’acqua, l’inquinamento. Si pone rimedio allo sperpero e ai veleni con regole sempre più complicate, investendo denari senza controllo e soprattutto evitando di far funzionare ciò che già dovrebbe funzionare. La risposta capitalistica al consumo di energia o allo sperpero d’acqua non potrà mai essere il risparmio o la riduzione del consumo, ma sarà sempre un incentivo al consumo. Cos’è la crescita, cos’è lo sviluppo, se non consumo?

Eppure si potrebbe già oggi, senza referendum e senza nuove leggi, ridurre di 10 volte (10 volte!!) il consumo d’acqua, non cambiando il mondo ma cambiando noi stessi: smettendo di mangiare carne. Smettendo di usare auto a petrolio diminuirebbe il consumo d’acqua (si, d’acqua, perché per raffinare il petrolio il consumo d’acqua è altissimo) di un’altra percentuale significativa. Diminuirebbe significativamente l’inquinamento se nelle autostrade andassimo ai 100 km orari, se nelle case tenessimo una temperatura di 18 gradi, più che sufficiente a riscaldarsi, se nei locali e negli alberghi non ci fosse una temperatura di 23 gradi d’inverno e di 20 gradi d’estate. Diminuirebbe l’inquinamento se acquistassimo merci prodotte nel raggio di 15 chilometri da casa, soprattutto per quanto riguarda gli alimenti, ad esempio mangiando frutta e verdura di stagione.

Da quando Dio ha preferito l’allevatore Abele all’agricoltore Caino, il popolo della brava gente ha trovato cosa buona e giusta nutrirsi di carne. Ma anche se oggi sappiamo che mangiare carne comporta una maggiore aggressività, fu proprio Caino il contadino il primo omicida dell’umanità. Coperti di quel marchio i vegetariani sembrano una setta da cui guardarsi e degni di punizione (basta entrare in un ristorante vegetariano per capire l’atmosfera triste che vi regna come una punizione, compreso il prezzo, che, non si capisce perché, è alto come quello dei ristoranti “normali”).

Ma se tutti diventassimo vegetariani l’effetto sarebbe quello di una rivoluzione epocale anche se non farebbe scalpore come tirare qualche sprangata o bruciare qualche macchina.

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