E’ utile la ricerca scientifica? Deve essere finanziata dallo Stato e quindi con le tasse dei cittadini? La ricerca scientifica appartiene in senso lato all’ambito culturale del Paese ed in Italia è svolta in istituzioni che hanno funzioni formative fondamentali (le Università) o almeno accessorie (gli Enti Pubblici di Ricerca). Queste due considerazioni, da sole, basterebbero a convincere molti che è di fondamentale importanza che lo Stato finanzi e mantenga la ricerca scientifica pubblica. Ciononostante, i commentatori di questo blog spesso hanno posto il problema del perché lo Stato debba consumare risorse pubbliche per sostenere la ricerca. Non dovrebbe forse la ricerca “produrre” qualcosa e quindi rendere abbastanza da finanziarsi da sé stessa? Perché il contribuente dovrebbe finanziare una ricerca che “non vende”? E’ utile una ricerca che non vende, e i cui prodotti non appaiono sui banchi dei negozi?

Affido al blog una riflessione, nata nel corso di una conversazione con vari colleghi, sulla sclerosi laterale amiotrofica (SLA), una malattia atrocemente distruttiva che nei suoi stadi finali compromette la vita di relazione del paziente in modo irreparabile. La SLA è la malattia che è stata portata a conoscenza del pubblico da Luca Coscioni, Giovanni Nuvoli e tante altre persone, con un eroismo tanto più ammirevole in quanto agito da malati pre-terminali. La principale lesione causata dalla SLA è la degenerazione dei motoneuroni del sistema nervoso centrale; ma questa lesione non è l’unica ed uno studio recente svolto dalla prof.ssa Cristina Limatola e collaboratori presso l’Università di Roma Sapienza, con il sostegno dell’Istituto Pasteur – Fondazione Cenci Bolognetti ha dimostrato nella malattia sono presenti anche specifiche anomalie biochimiche del tessuto muscolare. Non è chiaro quanto questa lesione precoce contribuisca all’esordio e allo sviluppo successivo della malattia; ma è possibile che sia rilevante e che offra spazio per un intervento terapeutico capace di ritardare la prognosi, che va sottolineato, è infausta.

Chiaramente, una ricerca come questa non “vende”: non ha prodotto un farmaco o un kit diagnostico. Tutta la storia della medicina dimostra però che per capire come funziona il nostro corpo, come si sviluppano le malattie e come queste possono essere curate bisogna partire dalla scienza di base: concentrandosi nella ricerca del farmaco senza conoscere le basi della fisiologia e della patologia si scade in un empirismo cieco e casuale. Chi dovrebbe finanziare la ricerca di base, dei meccanismi biochimici e anatomo-fisiologici delle malattie? Non certo l’industria farmaceutica: la ricerca industriale è finalizzata a produrre farmaci vendibili. Questa ricerca può essere finanziata soltanto dallo stato, attraverso enti pubblici, o da fondazioni private che non perseguano scopi di lucro. Chi è interessato a che questo tipo di ricerca sia svolta? Tutti.

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