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Nel resto dell’Europa (molto meno in Italia) infuriano le polemiche sull’Acta, un trattato commerciale internazionale, che punta a migliorare la difesa della proprietà intellettuale. Ma che, secondo i suoi detrattori, soprattutto giovani, limiterà fortemente la libertà di espressione su Internet. Nel fine settimana diversi manifestanti hanno sfidato il freddo polare per brandire cartelli perentori («Stop Acta now»), spesso con la maschera beffarda di Guy Fawkes sul viso (quella nota a tutti per il film “V per vendetta”): solo a Monaco di Bavera erano più di 16mila. Intanto, venerdì scorso, il Parlamento tedesco ha bloccato il processo di ratifica dell’Acta. Fa seguito a una decisione simile presa in vari Paesi dell’Europa dell’Est (Polonia, Lituania, Repubblica ceca e Slovacchia).

L’acronimo Acta significa “Anti-counterfeiting trade agreement”. L’intesa è il frutto di un negoziato avviato già nel 2008 e che ha coinvolto l’Unione europea, gli Stati Uniti e altri Paesi (ma non la Cina e la Russia, all’origine di importanti flussi di merci contraffatte: già questo è un primo problema). Un’altra critica riguarda la discrezione (ai limiti della più forte opacità) nel quale il negoziato è avvenuto, praticamente senza coinvolgere i maggiori protagonisti del mondo della Rete. Lo scorso 26 gennaio l’Acta è stato firmato a Tokyo da 31 Paesi, compresi 22 dell’Unione europea (anche l’Italia). Le prossime tappe sono rappresentate dalla ratifica del testo da parte dei Parlamenti nazionali e, nel giugno prossimo, di quello europeo.

Le cose, però, non si annunciano per niente facili. Lo stesso 26 gennaio si è dimesso da relatore dell’Acta al Parlamento europeo Kader Arif, eurodeputato socialista francese. Ha puntato il dito contro «la mancanza di trasparenza nelle trattative» e ha sottolineato che l’accordo «pone problemi per l’impatto sulle libertà civili, per le responsabilità che si fanno gravare sugli Internet provider e per le conseguenze che avrà sulla fabbricazione dei medicinali». In effetti l’accordo prevede che i fornitori di accesso a Internet possano sorvegliare e filtrare le informazioni scambiate dagli internauti. Non solo: potranno anche arrivare a bloccare l’accesso alla Rete, senza dover consultare l’autorità giudiziaria, anche se questo dipenderà da come l’accordo sarà recepito nei singoli Paesi. Le nuove norme dovrebbero pure potenziare le autorità nazionali di controllo sulle telecomunicazioni (in Italia Agcom).

L’Acta riguarda la contraffazione dei beni più diversi: si va dalle borsa di cuoio griffata al download illegale, passando per i farmaci generici. Proprio questo settore sta scatenando vivaci polemiche. Ong come Oxfam e Action Aid si sono dette contrarie all’Acta: porterebbe al divieto della vendita online di medicinali, che possono salvare delle vite umane. D’altra parte, uno dei negoziatori del trattato per conto della Commissione europea, intervistato in forma anonima dal settimanle francese Le Point, ha ricordato che «bisogna proteggere la nostra competitività in un mondo globalizzato». E «occorre accettare che Internet non è uno spazio senza legge». L’Acta prevede, appunto, l’armonizzazione della legislazione sul copyright e addirittura l’adeguamento necessario delle normative doganali.

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