Egregio Direttore,

ho preso atto della pubblicazione su “Il Fatto Quotidiano” in data di oggi 11 febbraio 2012 di un  ulteriore  articolo di Sandra Amurri che ha al centro la mia persona, dopo quello dato alle stampe in data 4 febbraio 2012.

Mi vedo costretto a rilevare che una attenzione simile si è venuta manifestando mano a mano che si è fatta più incisiva la mia azione politica in campi delicati, quale è quello della Giustizia, ed in particolare che ciò è avvenuto dopo il deposito e l’approvazione del noto, e a Voi del Fatto credo inviso, emendamento riformatore degli istituti che devono ispirare – in un ordinamento democratico che ambisca alla compiuta applicazione dei principi dello Stato di Diritto – la responsabilità civile del Magistrato, materia oggi disciplinata da una legge che è riduttivo definire ineffettiva (mi risulta che in 24 anni solo 34 casi abbiano superato il cosiddetto vaglio di ammissibilità e solo 4 siano state le condanne).

Lei può non condividere tale azione riformatrice: è libero di farlo, quanto i suoi cronisti e lettori.

Mi spiace però notare che il Suo quotidiano appare in realtà scarsamente interessato ad approfondire tali temi, quanto, molto di più, ad occuparsi della persona e delle attività del parlamentare proponente quell’emendamento.

Quel che per certo non è in alcun modo libero di fare è propalare ricostruzioni, quali quelle che si leggono nell’articolo odierno, che suggeriscono esplicitamente al lettore che le vicende della società – che ha visto la revoca dell’amministratore ed è passata in liquidazione per ragioni del tutto diverse, ed ovviamente lecite, da quelle ipotizzate dall’articolo – costituiscano, questo mi pare il succo, cito testualmente, un “piano per salvare la propria attività dall’aggressione dello Stato creditore”.

Grazie all’azione del nuovo amministratore, infatti, la società ha mutato radicalmente governance ed anzi, con senso di responsabilità, ha visto un recupero della propria operatività, tanto sul piano finanziario, quanto su quello contributivo, con effetti a dir poco benefici.

Essa è stata posta in liquidazione solo perché destino naturale di ogni società che, per scelta concorde dei soci, veda volger al termine la propria attività, ma non certo, si badi, per sottrarsi agli obblighi che mai le competessero, qualora fosse denegatamente resa destinataria, in un futuro più o meno prossimo, di pronunce definitive in qualche modo sfavorevoli, nell’ambito del contenzioso tributario in corso.

E corre appena il caso di precisarLe che la Nikenny risulta parte attrice di un distinto contenzioso proprio avverso lo Stato, volto al legittimo riconoscimento di crediti di natura risarcitoria di importo sostanzialmente pari – ben oltre il milione di euro – a quanto asseritamente a Suo debito, e per tal ragione sono certo comprenderà come sia naturale che i soci attendano l’esito di entrambe le liti, prima di  ragionare di quali sforzi e/o energie – che sarebbero senza meno profusi – la società necessiti per consentirle l’esatto compimento della fase liquidativa.

Ed anzi, consideri che proprio in detta fase la nuova amministrazione, lungi dal sedersi, inerte, ad attendere, ha comunque posto in essere iniziative imprenditoriali volte ad assicurare non solo la sopravvivenza, quanto piuttosto il progressivo risanamento del bilancio, con buona pace della sbandierata “scatola vuota” di cui con sicumera la Sua cronista ragiona.

Se all’esito del duplice contenzioso residuerà comunque un saldo negativo, mi sento serenamente di anticipare che la società Vi farà fronte con responsabilità, non si preoccupi.

In quanto ai benefits, nulla intestato a Nikenny è più nelle mie disponibilità da oltre un anno.

Ad ogni modo, le interpretazioni volutamente maliziose contenute nell’articolo di oggi fanno il paio con quelle contenute nell’articolo del 4 ed hanno, in mia opinione, contenuto diffamatorio.

Di tali aspetti si occuperanno i miei avvocati, ed i suoi, innanzi ad un Giudice.

Ma ciò avverrà nella sede e nei modi che la Giustizia prevederà.

Non sono tipo da subire interrogatori da inquisizione, o da operetta, o processi sommari.

Di certo non sui giornali.

Tanto meno sul Suo.

Come nota finale di cronaca potrà forse interessare i Suoi lettori che, dopo la pubblicazione dell’articolo del 4 febbraio, ho ricevuto delle minacce di morte, che sono state giudicate seriamente non da me, ma da chi per professione istituzionale compie tali valutazioni e che misure di prevenzione hanno purtroppo coinvolto anche persone, compresi minori, totalmente estranee all’attività politica.

Distinti saluti

onorevole Gianluca Pini

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Ecco di seguito, invece, la replica di Sandra Amurri del Fatto Quotidiano

Onorevole Pini,

anche questa volta ci invia una lettera in cui non rettifica nulla, ma almeno non ci accusa più di usare “metodi mafiosi”. Così  prendiamo atto che non  vuole rispondere alle nostre domande, confondendo il dovere di dare spiegazioni per un deputato della Repubblica con “processi sommari, inquisizione ecc…). E constatiamo che continua a non parlare con se stesso: prima scrive che la società “recupera operatività” poi che “Essa è stata posta in liquidazione solo perché destino naturale di ogni società che, per scelta concorde dei soci, veda volger al termine la propria attività..”.

Ma se, come conferma, la società è in liquidazione, lei saprà che è sottoposta al divieto di operare se non negli stretti limiti in cui ciò serva a liquidare creditori e soci (per contratti in corso e operazioni ancora in sospeso,obblighi anteriori alla messa in liquidazione). A meno che, ovviamente, non venga revocato lo stato di messa in liquidazione, ma non ci risulta – e lei lo conferma – che sia accaduto. Altrimenti perché mai avrebbe dovuto trasferire l’attività – compreso il contratto di esclusiva con il fornitore malese di caffè che portava la sua firma – dalla Nichenny Corporation srl debitrice allo Stato per circa due milioni di euro alla nuova società Gold Choise Europe srl?

A proposito del contenzioso: quando si perde il ricorso in secondo grado, come è accaduto, si può ricorrere in Cassazione, ma  la legge dice che intanto bisogna pagare. A meno che non sia stata chiesta ed ottenuta la sospensione dell’esecuzione del credito accertato. A noi non risulta e lei non l’ha scritto nella sua lettera ma se così è ce lo faccia sapere ne prenderemo atto volentieri. Registriamo che ha usufruito dei benefit a riprova che lei aveva un ruolo nella Nikenny Corporation srl, contrariamente a quanto ha affermato nella precedente lettera inviataci. Nell’affermare che i benefit “non sono più nelle mie disponibilità da oltre un anno” conferma che siano stati nelle sue disponibilità. La precisazione da “oltre un anno” è  superflua (inoltre non abbiamo mai scritto il contrario) visto che il 14 febbraio del 2011 è stata destituita l’amministratrice e poi la società è stata messa in liquidazione. Infine, per quanto riguarda le minacce ricevute le esprimo ovviamente la massima solidarietà.

Sandra Amurri

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