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L’Europa condanna il carcere di Parma: detenuto trattato in modo inumano

Nicola Cara-Damiani, 65enne di origini baresi, in sedia a rotelle, ha trascorso più di 20 anni in prigione, seguiti da quattro anni di detenzione domiciliare
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Un trattamento “inumano e degradante”. Con questa motivazione la Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per il caso di reclusione nel carcere di Parma di Nicola Cara-Damiani, detenuto nonostante la sua condizione di disabile e l’impossibilità di ricevere cure adeguate all’interno dell’istituto penitenziario. L’uomo infatti, in sedia a rotelle per una paralisi alle gambe, durante il periodo di reclusione non avrebbe potuto muoversi agevolmente a causa della presenza di barriere architettoniche nel carcere.

Nicola Cara-Damiani, 65enne di origini baresi, ha trascorso più di 20 anni in prigione, seguiti da quattro anni di detenzione domiciliare a Fontanellato in provincia di Parma. Durante la sua permanenza in via Burla è sempre stato “un detenuto modello”, raccontano le petizioni presenti su siti internet e social network per portare il suo caso all’opinione pubblica: si è laureato in Scienze politiche, si è inserito nel contesto sociale partecipando a programmi e progetti, si è dato da fare per cambiare strada e rifarsi una vita.

Ma negli anni di carcere le sue condizioni fisiche si sono aggravate a causa di vari interventi chirurgici, riducendolo in sedia a rotelle. Al punto che quando un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Bologna ha deliberato un suo ritorno in carcere, amici e conoscenti di Nicola si sono indignati e il popolo di Internet è subito stato solidale alla causa. Sono fioriti gruppi e petizioni “per salvare l’amico Nicola”. Il suo caso nel frattempo è arrivato alla Corte dei diritti umani. Che con una sentenza, ha posto fine alla questione, segnando un’importante vittoria per il detenuto e soprattutto per l’uomo.

La Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia a risarcire Cara-Damiani di 10mila euro, ribadendo l’obbligo per tutti gli Stati di garantire che “tutti i carcerati siano detenuti in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana” e della loro salute.

di Silvia Bia

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