Se oggi fossi proprio costretto a parlare di cinema, come potrei non gridare forte il mio disprezzo per l’assurdo balletto sulla nomina del prossimo direttore del Festival di Roma e come potrei non ricordare gli sberleffi di qualche mese fa lanciati contro il Festival di Roma da chi si accinge oggi a dirigerlo?

E come potrei non ricordare alla meglio gioventù del cinema italiano che oggi applaude la scelta di Alberto Barbera alla direzione della Mostra di Venezia che quando c’era da difenderlo, anni fa, lo rimosse in pochi giorni dalla propria memoria, stringendosi intorno al direttore anglosvizzero voluto da Urbani?

E come non prendere atto di quanto possano essere devastanti i nuovi finanziamenti statali alle opere prime elargite inutilmente a pioggia da una commissione nominata due giorni prima della caduta dell’ultimo Governo Berlusconi e chiamata ad esprimersi in poco più di un mese in maniera seria, per carità, su circa duecento progetti tra corto e lungometraggi?

Ma oggi, scusatemi, io non riesco a non pensare a quel signore pugliese di settantaquattro anni che percepiva settecento euro al mese di pensione e che alla richiesta di restituirne cinquanta al mese all’Inps ha preferito festeggiare l’anno nuovo buttandosi da una finestra, sufficientemente alta da farlo morire. No, oggi proprio non me ne frega niente del cinema italiano, delle sue beghette, dei milioni di euro in meno incassati dai film di natale e dei fichetti immaturi che da oggi, speriamo, ne risolleveranno le sorti.

Buon anno a chi ce la fa a rimanere vivo.

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