L’Italia ha fatto molto sul fronte del risanamento. Le misure realizzate da quest’estate fanno si che l’Italia abbia un avanzo primario, la differenza tra entrate e spese pubbliche al netto della spesa per interessi, di 5 punti di Pil. E’ un avanzo realizzato con misure strutturali (tagli alla spesa e aumenti di entrata) e quindi molto rilevante. Nessun altro grande paese europeo può rivendicare un risultato del genere. Con la riforma delle pensioni appena approvata, l’età di pensionamento degli italiani è di due anni in media superiore rispetto a quella dei tedeschi. A differenza della Grecia, l’Italia non può essere accusata di aver falsificato i propri conti e di aver temporeggiato.

Certo, lo spread continua ad essere elevato. Ma è chiaro che ora l’oggetto degli attacchi speculativi è l’euro e non solo l’Italia.

Il testimone, a questo punto, passa da Roma a Bruxelles, o forse dovremmo dire a Berlino. E qui è il punto dolente. Da molti mesi i tedeschi stanno giocando un ruolo di cerbero, dicendo no al salvataggio della Grecia, no agli Eurobonds, no a un maggiore coinvolgimento della Bce  nelle azioni di contrasto della crisi dei debiti sovrani. Parte della classe dirigente tedesca sembra ancora impaurita da una politica monetaria espansiva memore di tragici precedenti storici di iperinflazione.

I tedeschi però appaiono come coloro che si rifiutano di reagire al disastro incombente mettendo così a repentaglio tutta l’Europa. Vi è in Germania una specie di religione la cui somma chiesa è la Bundesbank (BuBa). Questa religione si fonda sul sacramento che dice che la banca centrale non deve stampare moneta per finanziare i debiti pubblici e quindi non può acquistare titoli pubblici al momento della loro emissione ma in generale non deve facilitare il finanziamento dei governi. L’intera Europa è ostaggio di questa religione monetaria. Monetaria e non monetarista, come erroneamente sostengono molti osservatori:  Milton Friedman (teorico massimo del monetarismo) non ha mai sostenuto una simile regola semplicistica.

La Bce è stata costruita secondo il credo teutonico in base la quale si debba combattere sempre e solo l’inflazione e che le vada impedito di occuparsi dei problemi di finanziamento degli Stati sovrani. Axel Weber, presidente della Bundesbank, infatti, si è dimesso rumorosamente a febbraio 2011 in aperta polemica con gli acquisti di titoli pubblici greci da parte della Bce. E’ difficile capire, per chi non è tedesco, cosa sia questa religione-monetaria. Ma oggi essa rappresenta un gravissimo pericolo per tutta l’Europa.

“La politica monetaria non può e non deve risolvere i problemi fiscali degli Stati,” ha ripetuto il nuovo presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, (ex consigliere economico di Angela Merkel). I pilastri della tradizione economica tedesca sono l’economia sociale di mercato –  un generoso welfare state e una redistribuzione della ricchezza – e una Ordnungspolitik, un liberalismo tedesco in base al quale i mercati operano dentro severi vincoli regolativi. Il tabù monetario in questione in verità non si basa sulla teoria economica ma è frutto di una prassi pluri-decannale e su norme cristallizzate nell’ordinamento tedesco.

Pensare solo all’iperinflazione e ricordare l’esperienza di Weimer è come guidare guardando sempre nello specchietto retrovisore, prima o poi si rischia di schiantarsi.

In astratto, è vero che se i governi potessero finanziarsi vendendo i titoli alle banche centrali si avrebbero alla lunga effetti inflazionistici. Ma il momento richiede pragmatismo: bisogna assicurare possibilità di finanziarsi ai Paesi in crisi di liquidità ma solventi come l’Italia. Questo è l’unico modo per riportare lo spread a 200-250 punti base (il valore sensato dati i fondamentali di Italia e Germania). Serve quindi che la Bce (e magari il Fondo monetario) annunci la sua disponibilità a immettere liquidità illimitata per favorire il finanziamento del Tesoro italiano. Solo così si scongiurerebbe una crisi di liquidità dell’Italia e quindi uno scenario catastrofico per l’euro. Questo nel breve termine. Poi certo si deve ragionare su una riforma dell’architettura europea e un avvio dell’unione fiscale.

Nel breve termine serve il “bazooka” della Bce. Lorenzo Bini Smaghi ha giustamente sostenuto che è il momento del quantitative easing (alleggerimento quantitativo): la Bce dovrebbe acquistare in misura massiccia, come ha iniziato a fare, titoli di ogni tipo delle banche e immettere grandi quantità di liquidità. L’idea è che con questa liquidità le banche acquistino in parte titoli degli Stati. Un peccato mortale per i custodi della religione monetaria teutonica. Un ottimo strumento di politica monetaria. Evitare il collasso dell’euro e salvaguardare la stabilità del sistema finanziario europeo sono oggi indispensabili obiettivi per la Bce.

Ciò che ci aspettiamo da Berlino a questo punto sono nuove regole di condotta della politica monetaria che superino la religione e assumano i caratteri laici del buon senso. “Se c’è un incendio va spento”, non si può pensare che se si usa l’autobotte dei pompieri poi la prossima volta ci sarà di nuovo qualcuno che lascerà cadere il mozzicone acceso. Ora spegniamo l’incendio.

La SPD, i socialdemocratici tedeschi, sembrano aver capito questo semplice ragionamento e sembrano disposti a dare un dispiacere alla Bundesbank. Ma la Merkel? Perché è ancora succube dell’ortodossia monetaria della Buba?

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