Il giorno dell’indipendenza della padania era davvero vicino, in Emilia eravamo pronti da tempo, prima Bologna, poi Modena e Reggio, era dato per certo anche dai più scrupolosi scommettitori britannici. A Modena le camicie verdi si stavano moltiplicando, all’inizio c’era solo il pioniere Mauro Manfredini, un anno fa, in consiglio comunale erano addirittura sei gli uomini del Senatur Bossi; poi tutto inizia a sgretolarsi, Manfredini perde lo scettro, la base dei duri e puri lo accusa di avere l’anima rossa e di aver inserito nelle liste candidati senza gavetta.

Sabato pomeriggio, al banchetto sotto i portici, si sente uno strano brusio, il malcontento si allarga. Il fuoco amico incomincia a colpire, chi può fugge, dalle macerie soppravvive solo Stefano Barberini, il provocatore, il dandy insofferente al bon ton e alla forma. Quelli del Pd sanno che la Lega era il grande pericolo, nelle fabbriche l’aria era cambiata, ma adesso? Tutto è da rifare, a Roma è stato un disastro, l’onorevole Alessandri pizzicato dalle Iene, lo shock di Parma. I leghisti sono comunque ottimisti, lo sarei anch’io, come dice l’onorevole Buonanno la padania esiste, e noi che viviamo nella terra del grana padano, lo sappiamo bene; la rivoluzione è inarrestabile, prima o poi il trota entrerà da Modena nord con le sue truppe, è solo questione di tempo.

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