Il 4 aprile del 2009 Ivano Perego, l’imprenditore brianzolo alla sbarra al processo Infinito di Milano (rito ordinario ndr) con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, partecipò a Milano al convegno “La giornata della sussidiarietà”, organizzata dalla Compagnia delle opere. Presenti, tra gli altri, il governatore della Lombardia, Roberto Fomigoni, e Maurizio Lupi, deputato del Pdl. Nessuno di questi ultimi, naturalmente, è stato mai indagato o coinvolto nelle indagini della Dda, ma che al loro stesso tavolo sedette chi aveva fatto entrare nella sua azienda i clan della ‘ndrangheta, oltre ai magistrati, lo conferma anche Antonio Oliverio, ex assessore agli Affari generali, alla moda e al turismo della Provincia di Milano (giunta Penati), eletto nelle file dell’Udeur e in carica fino al 7 maggio del 2009.

Oliverio è stato di recente assolto dal procedimento in rito abbreviato, quello che qualche giorno fa ha comminato a 110 imputati quasi mille anni di carcere, confermando che il pericolo ‘ndrangheta a Milano è reale e molto forte. “Ha trionfato la verità” dice oggi l’ex assessore provinciale. “Io ero certo dei miei comportamenti – aggiunge – però avevo bisogno che anche gli altri si convincessero della totale mia estraneità. L’unico rammarico? Visto che in fase preliminare sono stato rivoltato come un calzino, ci si poteva anche convincere a non arrivare al mio rinvio a giudizio”.

Il pubblico ministero Alessandra Dolci, nella sua requisitoria al termine del processo in abbreviato, ha riconosciuto che per Oliverio non ricorrevano “gli elementi costitutivi del delitto di corruzione, non essendo sinceramente individuabile alcun atto contrario”. “È sostanzialmente una vicenda – ha aggiunto il Pm – per la quale è stato introdotto un reato a livello comunitario che si chiama ‘traffico di influenze’, normativa che non è stata ancora recepita dal Legislatore italiano”.

Oliverio, per la legge italiana quindi, esce a testa alta. In più ricorda l’assoluta sua buona fede nei rapporti che instaurò con Ivano Perego e il suo entourage. “Voglio ribadire – dice – che dal mio punto di vista avevo semplicemente a che fare con un giovane imprenditore brianzolo, rampollo di una nota famiglia della zona. Nient’altro! Io che cosa mai ne potevo sapere delle accuse che oggi gli vengono mosse?”. Lo stesso dicasi per Andrea Pavone, socio di Perego: “Di lui sapevo essere il direttore finanziario della ditta”, dice Oliverio.

Comunque sia, con l’aiuto dell’ex assessore la coppia Perego-Pavone riuscì ad accreditarsi presso la Compagnia delle opere, l’associazione imprenditoriale nata nel 1986 su iniziativa di Don Giussani, branca di Comunione e liberazione.

“Ma quale reato si compie a partecipare a questo tipo di incontri?”. Si chiede Oliverio, che poi aggiunge: “Io sono un consulente e mi occupavo di accompagnare questa azienda, al raggiungimento di un obiettivo, legato a un appalto pubblico che la Perego s’era aggiudicata (i lavori per l’ampliamento della Paullese ndr). Per cui tutto nella massima trasparenza.” “Nell’ambito di questo mio mandato, portare Perego ad un incontro della Compagnia delle opere con mille altri imprenditori e ad esserci, non mi sembra che abbiamo fatto nulla di particolarmente grave”.

All’epoca dei fatti, i carabinieri del Ros di Milano, organizzano un appostamento fuori dai locali dove si sta tenendo la Giornata della sussidiarietà. “Al termine della manifestazione – annotano nell’informativa consegnata ai magistrati – subito dopo essersi congedato da Oliverio, Perego si sente telefonicamente con Pavone ed in termini entusiastici lo informa, oltre che dell’esito della manifestazione, anche della presenza di politici di rilievo. “C’era qui Formigoni c’era qui… – dice Perego – Lupi… C’erano tutti… Io in pole position eh… Mi vedi in televisione, da una parte Oliverio, in pole position!”

La difesa di Ivano Perego, l’avvocato Marcello Elia di Milano, ha deciso di chiamare a testimoniare lo stesso Governatore della Lombardia e l’onorevole Lupi, oltre a Oliverio. I primi due dovrebbero dichiarare che Perego millantava la loro conoscenza, mentre il terzo confermare davanti ai giudici l’assoluta buona fede con cui ebbe a che fare con un imprenditore che ai suoi occhi era solo un ragazzo di buona famiglia.

“Proprio perché io sono di origini calabresi e faccio politica da trent’anni – dice Oliverio – sono sempre stato attento alle mie frequentazioni, ai miei comportamenti”. Oggi l’ex assessore ha un motivo di più per farlo, “anche perché – termina – proprio da un punto di vista politico vorrei tornare a guardarmi attorno. Cerco un posto nel movimento dei cattolici che sta per nascere. Ma vedremo”. Sarà pronto il grande centro milanese ad accogliere di nuovo Antonio Oliverio?

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