La Giunta del Comune di Bologna ha annunciato che da dicembre sarà finalmente attivo il registro dei testamenti biologici, per quanti vorranno lì segnalare presso quale notaio hanno depositato le proprie volontà in materia di cure mediche.

La definitiva operatività del registro è, però, l’unica notizia positiva (da non sottovalutare per la sua valenza politica, anche nazionale).

Anni di attesa – tre per la precisione, da quando la prima proposta fu presentata in Consiglio Comunale dal gruppo dell’Altra Sinistra e bocciata proprio da quel Partito Democratico che oggi inopinatamente rivendica come proprio un successo ciò che invece è frutto di una lunga mobilitazione innescata dalla proposta di delibera popolare presentata dalla Rete Laica Bologna – per un risultato che aggiunge veramente poco a ciò che avevamo già prima di partire per questa avventura. Già dal 2006 infatti era possibile depositare il proprio biotestamento presso un notaio.

Il Comune di Bologna non ha avuto il coraggio di deliberare come quello di Casalecchio di Reno: sarebbe bastato che copiasse il lavoro già svolto a due passi da casa e da una Giunta dello stesso colore, dove l’Amministrazione si fa carico di conservare direttamente le volontà testamentarie, nonostante fosse intervenuta la pessima direttiva della clericalissima Roccella.

Un risultato positivo per la possibilità “concessa” ai cittadini e deludente per la soluzione adottata. Ad essere maliziosi, vien da pensare che la maggioranza di centro-sinistra sia stata molto attenta a non “ferire eccessivamente” la Curia, che su questo tema s’è più volte ferocemente espressa.

A questo, punto ci aspettiamo almeno un forte impegno sul versante della comunicazione, per far sì che la nascita del registro e delle sue possibilità sia resa nota a tutta la cittadinanza.

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