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Spagna, Mariano Rajoy chiude l’era Zapatero

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E’ successo di nuovo, non poteva non succedere. Dopo il fallimento della sinistra di governo la destra vince e stravince. Era successo ai socialisti francesi che, dopo il governo Jospin, avevano addirittura costruito un’autostrada elettorale per il fascista Le Pen che nel 2002 riuscì ad arrivare al ballottaggio presidenziale. E’ successo in Italia al primo centrosinistra, quello del 1996-2001, che aprì il ritorno in forze di Silvio Berlusconi nel 2001 in quello che resta il suo successo elettorale più importante in termini assoluti (circa 20 milioni di voti). E poi è risuccesso nel 2008 dopo il secondo governo Prodi. E’ successo in Portogallo qualche mese fa dopo il fallimentare governo socialista di Socrates e risuccederà anche in Grecia.

Ora è accaduto in Spagna dove fino a non poco tempo fa brillava la stella di Zapatero. Una stella dalla luce abbagliante, così abbagliante che nessuno vedeva, o voleva vedere, il contenuto liberista della sua politica economica messa in ombra dal contenuto liberale in tema di diritti civili. Eppure, quel contenuto era preponderante e si concentrava in incentivi all’impresa, compressione salariale, privatizzazioni e ossequio fedele ai dettami dell’Unione europea.
E’ un film già visto e quando saremo stanchi di vederlo rischieremo di trovarci accerchiati da una destra populista e reazionaria che alla fine beneficierà della fallimentare alternanza tra governi “moderati” di centrodestra e centrosinistra se nel frattempo non si ricostituirà una sinistra adeguata.

In effetti, a essere premiate dal crollo socialista, oltre al Partito popolare che raggiunge il suo miglior risultato storico, sono le forze critiche della sinistra come UPyD che ottiene più di un milione di voti (con un salto di 800 mila voti) mentre ne guadagna circa 600 mila, Izquerda unida che riemerge da una lunga crisi. Ma guadagna anche la sinistra autonomista basca di Amaiur che supera il partito nazionalista basco (Pnv).

Chi si aspettava un effetto “indignados” rimane deluso. Come sempre accade, i movimenti di massa non si trasferiscono automaticamente e immediatamente sul piano elettorale. Lo testimonia la scarsa presa di liste come quella del Partito pirata o quella Anticapitalista che raccolgono circa 25 mila voti ciascuna. Anche l’astensione, in aumento del 2 per cento, non cresce come era annunciato. Il voto rispecchia una società in parte disillusa che oggi si affida a una figura incolore, molto tradizionale che vince non per meriti particolari ma solo per demeriti altrui.

Passato il voto, però, il movimento degli indignados potrebbe costituire un elemento più dirompente nel tenere un’opposizione alle misure di austerità che si annunciano – e che giungono dopo quelle già avviate da Zapatero – e nel costruire un movimento di massa che punti a rappresentare il 99 per cento contro l’1 per cento che controlla saldamente il potere in Spagna e in Europa (Italia compresa).

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