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I presidenti di Serie A vogliono limitare
il potere dei giocatori (per legge)

Presentata la riforma della Legge '91 che regolamenta lo sport professionistico. Promotore è il presidente della Juve, scottato dal caso Amauri. Obiettivo principale, riequilibrare i giochi di forza tra società e atleti sui trasferimenti. Ma non solo
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Il presidente della Juventus Andrea Agnelli

Calciatori, meno diritti e più doveri. Perché il calcio così come va oggi non è più economicamente vantaggioso per le società che decidono di farne parte investendo capitali. E’ il pensiero dei presidenti della serie A, che starebbero lavorando da tempo ad una vera e propria rivoluzione nell’ambito dei rapporti contrattuali tra tesserati e datori di lavoro. E’ la riforma della legge 91, che regolamenta lo sport professionistico e che fa giurisprudenza nel pallone made in Italy dal marzo 1981. Secondo alcune indiscrezioni raccolte da Repubblica, l’obiettivo numero uno di questo nuovo approccio sarebbe limitare i margini di manovra (e di scelta) dei giocatori, che oggi possono decidere in modo più o meno autonomo se accettare, oppure no, il trasferimento ad un’altra squadra. Con buona pace dei boss delle società, che devono fare i conti con loro prima di concludere una trattativa e di mettere mano al portafogli per pagare o incassare quattrini.

Principale referente di questa iniziativa sarebbe il presidente della Juventus, Andrea Agnelli che, insieme con il fidatissimo avvocato bianconero Michele Briamonte, avrebbe confezionato una bozza di discussione che sarà presentata stamane al Consiglio della Federcalcio, in riunione a Vicenza per rendere omaggio alla memoria di Sergio Campana, presidente dell’Assocalciatori dall’anno della sua fondazione (1968). La Figc dovrà decidere come gestire la patata bollente senza creare nuove ragioni di attrito tra presidenti e giocatori. Perché è certo che l’Aic si metterà di traverso e farà il possibile affinché buona parte del progetto venga ridimensionato per contenuti e prospettive.

La Juventus non vuole evidentemente che si ripeta in futuro un caso analogo a quello che gli è capitato in casa la scorsa estate. L’italobrasiliano Amauri, ai margini del disegno del nuovo tecnico Antonio Conte, pare abbia rifiutato più volte il passaggio ad altre società, causando un danno economico non indifferente alle casse della squadra bianconera, che contava di liberarsi del suo ingaggio da favola (3,8 milioni di euro netti all’anno) per girarlo ad altri campioni o presunti tali. Amauri poteva dire no perché rientra nei diritti dei calciatori rifiutare la destinazione proposta dalla società di appartenenza. Dichiarò infatti di voler rimanere per dimostrare al suo nuovo allenatore di meritare la maglia e di essere ancora utile la causa. Agnelli non gradì troppo. Poco dopo, l’attaccante venne messo fuori squadra e ancora oggi guarda le partite in tv, che per lui non c’è posto, nemmeno in tribuna.

Ecco, tra i passaggi più importanti della bozza che verrà valutata domani in Consiglio federale, c’è proprio questo, la rivisitazione del diritto dei tesserati di rifiutare un trasferimento. Unica condizione a favore dei calciatori, il trattamento economico, che deve essere pari o superiore a quello precedente. Per la serie, ecco il denaro, grazie e arrivederci. Tra gli altri punti caldi previsti dal progetto della Lega, ci sarebbe anche il ridimensionamento dei poteri della giustizia sportiva a favore di quella ordinaria, e un diverso equilibrio tra Lega e Figc per concedere maggiore libertà d’azione ai presidenti delle società di serie A. La strategia è chiara: diventare finalmente padroni del proprio destino e, soprattutto, dei propri denari. Nelle prossime settimane si saprà se la rivoluzione del calcio italiano avrà inizio.

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