Dal 2 novembre, quando è stata approvata la modifica della legge sulla casa, i cubani hanno un motivo importante per sentirsi più liberi. Poiché, per quasi cinquant’anni, molti di loro, pur avendo un titolo che dimostrava il possesso della casa, in realtà non ne erano i proprietari. La legge socialista limitava i loro diritti e le loro decisioni.

Dai primi anni della Rivoluzione che trionfò nel 1959, il tema delle abitazioni si trasformò in questione di Stato. Quasi contemporaneamente all’entrata dei ribelli di Fidel Castro all’Havana cominciò il processo di confisca di centinaia di edifici dove avevano vissuto coloro che avevano lasciato il Paese per varie ragioni (un’uscita che presto si sarebbe qualificata come “definitiva”, ovvero senza possibilità di ritorno) e lo stato li utilizzò come proprie strutture o li distribuì fra quanti erano rimasti sull’isola.

Poco dopo entrò in funzione una riforma urbanistica che metteva in mano allo Stato anche gli immobili costruiti per essere affittati. In questo caso, ai precedenti proprietari fu pagato un modesto compenso, mentre avrebbero conservato la proprietà della casa originaria.

Quel progetto socialista ed egualitario, che allora si giustificava e con la consegna a centinaia di famiglie povere di un’abitazione. Ma il sistema cominciò con gli anni a compromettersi e trasformarsi, superato dalla realtà di un Paese che era già diverso ma che continuava a essere legato al proprio passato.

Il recente decreto legge 288 che legalizza l’acquisto, la vendita, la permuta, la cessione delle abitazioni a Cuba (incluso quelle di chi ha optato per “l’uscita definitiva”), arriva ora a legalizzare ciò che già succedeva nella realtà di tutti i giorni, dove esisteva un attivo mercato immobiliare, solo che era in nero, e dove erano i cittadini a soffrire ogni operazione – il conseguimento dei permessi, il peso dei divieti di decidere liberamente delle loro proprietà – poiché l’atto di compravendita delle case continuava a essere proibito e gli scambi (le cosiddette permute) vincolati da ferrei controlli legali e decine di ostacoli…

Il progetto egualitario di cinquant’anni fa, spinto dalla realtà del bisogno e dal ritmo dei tempi, si è trasformato nello scudo dietro il quale si arricchiva un ampio ceto di funzionari e burocrati intermedi, mettendo in pratica i più diversi stratagemmi per far sembrare legale ciò che era illegale o semplicemente per velocizzare o avallare un procedimento totalmente legale che loro, con il potere conferitogli da leggi obsolete, maneggiavano e manipolavano a proprio uso e consumo.

Se qualche settimana fa è stata approvata una legge attesa che consentiva alcune transazioni nel mercato delle compravendite di auto, quest’ultima che legalizza la compravendita delle abitazioni, la cessione e l’eredità degli immobili, acquista un senso più ampio e sembra molto più radicale e innovatrice per un paese in cui l’assoluto controllo statale comincia ad aprire spazi alla scelta dei suoi cittadini. Oggi senza dubbio i cubani capiscono che il certificato di proprietà delle loro case e automobili non è un semplice pezzo di carta: è, come dice la parola stessa, una proprietà, la loro proprietà.

di Leonardo Padura Fuentes*

*Leonardo Padura Fuentes è considerato dalla critica il più importante scrittore cubano contemporaneo. Noto soprattutto per la serie noir del detective Mario Conde (Venti di Quaresima, 2011) e per il romanzo L’uomo che amava i cani (dedicato all’omicidio di Lev Trotskij), in Italia è pubblicato da Marco Tropea Editore.


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