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Referendum nella patria della democrazia

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Sì ero in Grecia quando Papandreu ha annunciato il referendum, a vedere il turismo a Delfi, nel ponte dei Santi che per loro non è ponte. Nell’albergo che sovrasta come un balcone la piana degli ulivi verso il mare – per la quale guerreggiavano nell’antichità – non c’è quasi nessuno. Sembrano vuoti anche gli alberghi di Delfi, mentre nella deliziosa Galaxidi, sulla costa a sud di Delfi, alla boutique ecologica ci dicono che il turismo l’estate scorsa si è più che dimezzato. Resiste però il tempio di Apollo di Delfi, per visitatori di tutto il mondo. E per i 350 studenti Erasmus di mezza Europa che sono venuti tutti insieme da Atene domenica al prezzo eccezionale di 10 euro andata e ritorno in bus. In una trattoria popolare di Crisso, dunque, abbiamo visto lunedi sera Papandreu che parlava. La gente della trattoria prendeva in giro lui, la Merkel, tutti i politici. Non ci hanno spiegato che aveva indetto un referendum.

Altra gente ci diceva invece che la crisi greca sarebbe dovuta ai privilegi del settore pubblico, troppi dipendenti che lavorano troppo poco. Non abbiamo colto reazioni immediate all’annuncio del referendum.

Nelle ore successive ho pensato che poteva essere una mossa intelligente, ero indeciso se un po’ furbesca di tipo ricattatorio (alla Marchionne, per intenderci, o votate sì o si va al disastro), oppure saggia e civile come un esame di coscienza davanti alla Storia. Lo ammetto, sono un po’ tonto, non avevo capito che avrebbe suscitato reazioni così negative. Per carità, non mitizziamo i referendum, che talvolta sono una forzatura fin troppo schematica del dibattito democratico e del ritorno al popolo sovrano. Ma l’evocazione del referendum in quella che è stata la patria della democrazia pensavo potesse suscitare, almeno formalmente, più rispetto. Un giornalista dovrebbe scrivere quando ha qualcosa di preciso da raccontare, o una tesi precisa da sostenere. Sull’annuncio del referendum greco che ri-sconvolge l’economia europea ho solo da esprimere un grande disorientamento. Dopo duemila e cinquecento anni non sappiamo ancora bene cosa debba e possa essere la democrazia…

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