La meravigliosa e verissima istoria di Paolo Ruffini, martire della terza rete, dai primi di ottobre a La 7.

Il babbo era Faraone,
lo zio Grande Sacerdote,
in un’isola remota
odorosa di limoni.
Tra sensuali passioni
di sensuali meticci,
tra melanzane, pasticci,
timballi di rosmarino,
il Principino Paolino
faceva i primi capricci.

Disse la mamma: “Paolino,
discendi dall’altalena!
È quasi l’ora di cena,
ed anche gli altri bambini
vorrebbero, poverini,
farci due giri.” Crucciato,
va dallo zio magistrato:
ha detto il giudice Zio
che tutto il giardino è mio,
anche l’altalena e il prato!”

E risalì l’altalena,
l’odioso tiranno imberbe,
e contemplava superbo
l’effetto di quella scena.
Poi, venne l’ora di cena.
Anche Paolino arrivò;
e l’altalena?” “non so,
ora voglio la frittella.
Ridategliela a Di Bella
finché non la rivorrò.”

Passano gli anni di piombo,
vengono gli anni di bronzo,
ed il Principino stronzo
cresceva sano e giocondo.
Si specializzò più a fondo
studiando da Generale
dentro i reparti speciali:
Battaglione Guastatori ,
Figlioli di Senatori
Nipoti di Cardinali.

Venne mandato in missione
Intorno al 2003
al terzo canale, che
ferveva di ribellione.
Ora, la rete in questione
è nota proprio per questo:
che gli arrivano proposte
piuttosto qualificate;
anche Liofreddi bendato
farebbe un buon palinsesto.

E il palinsesto era bello,
notevole l’equipaggio,
che sfidava con coraggio
quelli del Grande Fratello.
Poi Sabina sul più bello
supera il venti per cento
con “Raiot”: oscuramente
intuiva, la ribelle
artistica sentinella,
che stava cambiando il vento.

Paolino fu lusingato,
e quella notte godette.
Ma subito ricevette
una telefonata.
Giocando con l’Annunziata
al gioco della bottiglia,
fecero una meraviglia:
la trasmissione è annullata
dopo la prima puntata.
Il Principe era un coniglio!

Quella codarda intenzione
gli restò cucita addosso
come un “vorrei ma non posso”
iscritto sul suo blasone.
Si presentò l’occasione
di ritirare su il naso
quando il terribile Masi,
chiedendo con insistenza
analoghe riverenze,
fece traboccare il vaso.

Tirava una brutta aria,
ai tempi di Minzolini:
anche Serena Dandini
sembrava la Pasionaria.
Intanto le mercenarie
baresi ed egiziane
suonavano le campane
al martire di Brianza:
la crisi della finanza
ne preparava la fine.

In Rai, nella Sede Eterna
in segretissime stanze
discussero di alternanze.
(Che per fortuna si alterna
chi dirige e chi governa,
se ha governato abbastanza.)
Ma la parola “alternanza”
sentita a un telefonino
fece piombare Paolino
nel trauma di adolescenza.

Nei labirinti dell’io,
rivisse l’antica scena
di quella antica altalena;
torno dal giudice zio,
ridisse “il giardino e mio!”
Ed a colpi di cartella
fece scappare Di Bella.
E risalì l’altalena
con un sorriso da iena,
mangiando la sua frittella.

Passato non più di un anno
in questo allegro sollazzo
il nostro caro ragazzo
decide di cambiar panni.
Ed incurante dei danni
scuote le forme perfette,
si dà due colpi alle tette
ed esibendo il dispregio
innato nel Privilegio,
sculetta verso la Sette.

Cosa gli avevano fatto?
Masi se n’era anche andato.
Si era disamorato!
Il balocco si era rotto.
Si è messo giacca e cappotto
Ed è scivolato via,
lasciando dietro una scia
Profumata di limone
il figlio del Faraone
nipote di tanto Zio.

Insomma, va bene che
il mondo è fatto così,
ognuno ha il suo pedigree,
ognuno è quello che è;
ma siamo sicuri che
questo lavora per noi?
Questo si fa i fatti suoi.
Mi pare evidente che
costui lavora per sé,
e non è certo un eroe.

E non c’è niente di male
a nascer razza padrona:
a volte la razza è buona.
E per destino fatale
sei principe o caporale,
faraone o contadino;
ma il Signorino Paolino
è un prototipo stizzoso,
vendicativo, ambizioso,
del sottobosco latino.

E quindi cortesemente
piantatela con i lai,
che qui non c’entra la Rai.
Scegliete più attentamente
la classe dirigente:
eviterete i pasticci
degli eroismi posticci
dei figli di Faraoni
che tra vagano tra i limoni
facendo i loro capricci.

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