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Strage: e gli archivi dei nostri servizi segreti?

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Voi penserete che sono l’uomo delle domande mentre forse c’è chi si aspetta che dia delle risposte. Però, dopo aver letto decine di giornali negli ultimi giorni, c’è un interrogativo che non riesco a togliermi dalla testa. Prima di arrivarci, tuttavia, ricapitoliamo un momento. Dopo l’incriminazione del tedeschi da parte della procura di Bologna, si “festeggia” da più parti il ritorno alla grande della pista palestinese, smentita in passato in più sedi. E tutti a dire che vanno aperti gli archivi della Stasi, del Kgb e di tutti gli anfratti oscuri dei Paesi dell’Est.

E qua veniamo alla domanda che mi arrovella in questi giorni. Io vorrei chiedere a tutte queste persone perché non sono interessati agli archivi italiani. A quali mi riferisco? Agli archivi dei servizi segreti italiani, al segreto di Stato imposto su troppo vicende ancora aperte, ai faldoni conservati dall’Arma dei carabinieri, dalla polizia, dai ministeri, dall’intelligence di marina militare e dell’aeronautica, da ministeri come quello degli Interni e della Difesa.

Lo scorso 9 maggio, nel giorno di commemorazione di tutte le vittime del terrorismo, il presidente del consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, aveva detto che li avrebbe aperti tutti e che sarebbero stati trasmessi alla magistratura. A Bologna, a quando m’è dato sapere, non è arrivato niente e nessuno ha fiatato su questa “mancanza”, chiamiamola così.

Invece tutti a invocare la commissione Mitrokhin, i dossier redatti da personaggi discutibili come lo screditato consulente Mario Scaramella e le traduzioni della Stasi. Perché si cala invece il silenzio su quanto si potrebbe apprendere dagli archivi di casa nostra? Forse lì si che si potrebbe trovare un po’ di verità aggiuntiva, a cominciare da quella sui mandanti.

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