Sono stati bravi a farci credere che la manovra di poche settimane fa ci riparasse dai rischi che in questi giorni ci vengono rimbalzati sui giornali. E sono stati bravi anche a farci credere che non fossimo al livello della Grecia, a rischio fallimento (o “default”, come si dice adesso). Così facendo, stanno mettendo le mani nelle tasche di tutti con ipotesi da far accapponare la pelle, come i contratti di lavoro demandanti alle singole aziende e libertà di licenziamento, con l’eccezione della discriminazione e della gravidanza.

Grazie tante, altro che non toccare l’articolo 18. Qua lo si mantiene in vita, ma allo “stato vegetativo”, in un trionfo sottaciuto da tutti su un punto: quanto stiamo vedendo era stato scritto e auspicato nel Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli. Come a dire: non importa quanto tempo ci vorrà e non importa nemmeno quali ragioni lo determineranno (questa volta sono le speculazioni finanziarie), prima o poi ci arriviamo. E lo faremo sotto gli occhi di tutti.

Ma in questa situazione paradossale – mi chiedo – non c’è stato nessuno, neanche uno davvero, che si è chiesto se non fosse il caso di toccare i patrimoni tutelati dallo scudo fiscale? Quelli che sono stati fatti rientrare in Italia dietro il versamento del ridicolo obolo del 5% del capitale garantendosi la piena impunità?

Se non l’ha fatto nessuno, lo faccio io. E propongo quanto segue, riassumibile in due quesiti. Il primo: andare a rivedere l’aliquota “salvifica” applicata a chi si è fatto beffa del fisco italiano e delle leggi sull’esportazione di valuta. Da lì possono saltare fuori i soldi che contribuiscano al pareggio di bilancio dell’Italia, uno Stato sempre più sull’orlo dell’abisso. Il secondo: rendere pubblica la lista dei proprietari dei capitali “scudati”.

Io sarei molto curioso di vederla e sono certo che, scorrendola, potrebbero saltare fuori sorprese che contribuiscano anche a far capire qualche lato incompreso della nostra storia. La ricerca della verità, come giustamente si fa notare da più parti, non deve avvenire solo nelle aule di giustizia e allora propongo quest’altro percorso. Di cui discutere collettivamente.

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