“Nel 2011 si muore ancora di Aids. Pure in Italia, dove solo in pochi fanno il test dell’Hiv”. La denuncia arriva da Alessandra Cerioli, presidente della Lila (Lega italiana per la lotta contro l’Aids), impegnata ieri a Roma nell’ultimo giorno della Conferenza internazionale sull’Aids (Ias 2011). Un evento che il governo italiano ha disertato, dopo non aver mantenuto la promessa di versare 260milioni al Fondo globale per la lotta all’Aids, alla Tubercolosi e alla Malaria. E questo nonostante i dati sul nostro Paese fanno spavento: 150mila persone sieropositive, un terzo delle quali non sanno di esserlo, e un nuovo contagio ogni due ore. 22mila poi sono i malati di Aids. “Sull’alta incidenza dell’Hiv di certo influisce l’ignoranza diffusa su questo argomento. Il silenzio dei media italiani è imbarazzante. E ora che la maggior parte delle trasmissioni del virus non avviene più tra tossicodipendenti, come negli anni Ottanta, ma per via sessuale, mancano programmi di prevenzione efficaci”.

Di chi è la colpa?
“Ad esempio delle ingerenze del Vaticano. In Italia non si parla di sesso, di orientamento e salute sessuale. Siamo vincolati da quello che il Vaticano dice che si può fare e non fare. Il ministero della Salute non ha mai parlato di uomini che fanno sesso con altri uomini, a differenza di quanto accade nel resto dell’Europa occidentale”.

Servono quindi più campagne di informazione.
“E che non siano basate su pregiudizi religiosi. Bisognerebbe poi studiare l’epidemia nel nostro Paese. Capire chi si sta infettando in questi anni”.

Non lo sappiamo?
“Secondo i dati ufficiali la maggior parte di chi contrae il virus è costituita da persone eterosessuali, ma secondo noi ci sono tantissimi giovani omosessuali. Non sappiamo nemmeno quante persone in Italia si sottopongono al test Hiv. Alcune regioni poi non hanno attivato il servizio di sorveglianza, cioè la segnalazione in forma anonima al ministero dei test che danno un risultato positivo. Tra queste c’è anche la Lombardia, che è la regione con il più alto numero di nuove infezioni. E a fronte di questa situazione i tagli nella manovra del governo causeranno nuovi problemi alle persone sieropositive, ad esempio in termini di accesso ai farmaci”.

Fuori dall’Italia il governo ha anche fatto mancare i 260 milioni di euro promessi da Berlusconi al Fondo globale.
“Un presidente del Consiglio dovrebbe dimostrare di essere credibile e mantenere gli impegni. Lui non lo ha fatto. Mancanza ancora più grave se si pensa che il Portogallo, benché più in crisi dell’Italia, ha versato i finanziamenti. E che il Giappone, nonostante il disastro di Fukushima, si è scusato in tutti i modi per il ritardo nei pagamenti e ha assicurato che ad essi provvederà il prima possibile”.

Che cosa significano quei 260 milioni in pratica?
“Fornire farmaci antiretrovirali salvavita a più di 100mila persone che vivono con l’Hiv, dare trattamenti salvavita a più di 284mila persone con la tubercolosi, donare 8 milioni di zanzariere per proteggere le famiglie dalla malaria”.

Italia, anno 2011: la discriminazione è ancora un problema per chi ha contratto l’Hiv?
“Ci sono casi di mobbing e di aziende che, come Lufthansa, hanno chiesto il risultato del test prima dell’assunzione. E poi c’è lo stigma, ovvero come la società ti vede: essere sieropositivo spesso significa essere considerato una persona libertina o che ha fatto uso di stupefacenti. Ma non è così”.

Lei oggi ha 50 anni. Da 27 sa di essere sieropositiva. La sua è una vita normale?
“Ho fatto un percorso e ora penso che la mia vita sia normale. Ho avuto un’associazione dietro che mi ha permesso di crescere. Bisogna essere forti, avere coraggio, chiedere aiuto alle organizzazioni. E non nascondersi”.

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